I cori contro Kalidou Koulibaly in Inter-Napoli hanno fatto scattare l’allarme razzismo nel calcio. Il Giudice Sportivo ha scelto la linea dura contro il club nerazzurro, ma è il movimento calcio è a dover fare un passo in avanti per contrastare le discriminazioni. Lilian Thuram, ex Parma e Juventus, ha spiegato a La Gazzetta dello Sport: «In Italia mi sono trovato subito molto bene, amo profondamente il vostro Paese e perciò non mi piace la piega che hanno preso le cose. Nel calcio c’è un aspetto fondamentale: allo stadio è sempre una minoranza a manifestarsi in maniera becera. La maggioranza non segue certi comportamenti, e in gran parte dei casi li disapprova. Però la tendenza è sempre quella di dar risalto ai violenti, anche perché gli altri restano in silenzio. Bisogna che le persone positive si facciano sentire, vanno incitate a prendere posizione altrimenti non resta che il rumore dei violenti e finiamo per credere che ci siano solo loro, che quello sia il pensiero dominante e che non si possa far nulla per fermarlo e combatterlo».
LILIAN THURAM CONTRO LA POLITICA (E SALVINI)
Lilian Thuram si è poi soffermato sul ruolo del calcio: «È troppo timido, in tanti hanno paura a farsi sentire e a impegnarsi. Invece il movimento dovrebbe sfruttare molto di più l’enorme cassa di risonanza e le proprie capacità di comunicazione. Il calcio è in grado di parlare a tantissime persone. E il discorso razzista va bloccato a tutti i costi perché è estremamente pericoloso: sbocca sempre nella violenza, sempre. È un discorso di morte. Perché è un discorso che dice: “Lui non è come noi. Noi siamo migliori. Noi siamo legittimati, lui no”. Ed è facile arrivare a pensare che l’altro possa essere addirittura eliminato. Il calcio non può restare a guardare, a far finta di niente quando il razzismo attecchisce negli stadi». Già attaccato recentemente, il ministro dell’Interno Matteo Salvini finisce nel mirino del francese: «Ascolto i politici italiani dichiarare “bisogna lasciare i migranti sulle navi”: vuol dire che bisogna lasciarli morire. E come possiamo difendere l’idea che si possano lasciar morire delle persone? È di una gravità enorme. E se la si accetta, l’idea che si possano lasciar morire delle persone trasforma chi prende la decisione in assassino. Se si è pronti a far morire delle persone ora considerate lontane poi si sarà pronti a lasciar morire anche persone più vicine. Per questo bisogna essere chiari e non andare in quella direzione».