Arianna Fontana, la portabandiera ai Giochi olimpici in Corea, ha vinto ieri la prima medaglia d’oro per l’Italia. Quando aveva preso in consegna la bandiera, nella cerimonia al Quirinale, rivolgendosi al presidente Mattarella aveva detto, riferendosi a se stessa, “la donna che è di fronte a tutti voi è pronta ad affrontare e superare ogni sfida come fa Lei tutti i giorni per aiutare il nostro Paese”. A colpire in questa sua dichiarazione era la semplicità e la chiarezza con la quale poneva la sfida personale nel contesto della realtà più grande del paese con le difficoltà che sta attraversando.
Con questa stessa chiarezza l’abbiamo vista competere nei 500 metri di short track, mantenendosi sempre in prima posizione. Quando verso il finale, la concorrente coreana, padrona di casa, si è apprestata a rincorrerla, non si è scomposta e sulla linea del traguardo ha mantenuto comunque il pattino avanti, il che le ha permesso di vincere la finale al fotofinish. Ci sono voluti alcuni istanti prima che venisse dichiarata la sua vittoria, in quanto in contemporanea veniva squalificata la concorrente coreana, a causa di interferenza. “Sono contenta, perché comunque ho battuto la coreana, squalifica o no”.
Alla fine della gara, si è messa in un lato e ha pianto per un momento. In questo suo gesto ricorda il giovane protagonista dell’episodio “La campana” nel film di Tarkovsky “Andrei Rublev”. Il giovane, che dopo sforzi incredibili riesce a costruire la campana che suona perfettamente – simbolo di una Russia che risorge dalle invasioni tartare – si ritira e va a piangere. Arianna però si è subito ripresa, ha impugnato la bandiera che le veniva porta dal team italiano, e ha fatto il giro della pista, diventando la portabandiera ancora una volta.
Aveva detto: “Spero che questa Olimpiade porti un po’ questa gioia e questo orgoglio di essere italiani”. Parole che dovrebbero ispirare nel loro giusto spirito, in un momento in cui molte cose vanno alla deriva, la confusione sembra regnare in un ambiente dove si tende spesso a puntare il dito contro. Con generosità ha poi osservato, parlando della concorrente coreana, che sperava quest’ultima riuscisse a “trasformare la delusione della squalifica in energia per le prossime gare”.
In questa sua dichiarazione sta il bello della disciplina sportiva: la capacità di guardare avanti, l’energia che si trasforma invece di ristagnare.