Roma, martedì 10 aprile 2018. Un qualsiasi giorno di primavera, ma all’Olimpico, quando è ormai buio, accade qualcosa di eccezionale: la Roma, nel suo stadio strapieno, vince per tre reti a zero sul Barcellona, ribaltando il risultato dell’andata che aveva visto i blaugrana imporsi per quattro a uno con un arbitro tutto a loro favore. Nell’incredulità del mondo intero la Roma raggiunge così le semifinali di Champions League. Io c’ero, e con me Marco, Sara e il meglio del popolo giallorosso a cui mi sento di appartenere. Un mare di persone, capaci di cantare per novanta minuti, e non inni artificiali commissionati a esperti del settore, bensì canzoni create dalla lunga tradizione sportiva e popolare della città di Roma. Insomma un qualcosa che ti fa dire che la vita è bella, o almeno può esserla, quando c’è qualcosa che unisce nel profondo senza calcoli di opportunità o di convenienza. Proprio mentre assistevo ed ero protagonista di quello spettacolo meraviglioso, mi è arrivato un messaggio dalla mia amica Maria Ida che mi invitava a unirmi a una preghiera per la martoriata Siria, terra che amo e che mi fa molto soffrire. Così alle ventidue in punto, all’ora indicata, ho recitato un Ave Maria con davanti agli occhi un’infinità di bandiere giallorosse mosse dalla certezza che è possibile un mondo diverso.



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