Marco Cecchinato è in semifinale al Roland Garros 2018: l’impresa della vita del tennista palermitano si è consumata poco prima delle 19:30 di martedì 6 giugno. Un italiano in semifinale a Parigi, o meglio in uno Slam: non succedeva dal 1978, naturalmente sulla terra rossa francese e stiamo parlando di tennis maschile. Era stato Corrado Barazzutti, che aveva fatto fuori la testa di serie numero 4 Eddie Dibbs (lui era il settimo giocatore del seeding) e aveva provato a intaccare il dominio di Bjorn Borg: 0-6 1-6 0-6, lo svedese era nell’edizione in cui aveva trionfato senza perdere set e concedendo appena 32 game, tra cui 5 al finalista e specialista del rosso Guilermo Vilas. Sono passati esattamente 40 anni: Cecchinato ripete quella straordinaria impresa ma adesso pretende di più e busserà alla porta della gloria venerdì, quando sulla sua strada incrocerà Dominic Thiem che appare come l’erede naturale di Rafa Nadal sulla terra. A proposito: se dovesse battere anche l’austriaco, che ha raggiunto la terza semifinale consecutiva al Roland Garros, Marco se la potrebbe vedere proprio con Rafa che insegue il titolo numero 11 sotto la Torre Eiffel, ha un curriculum che solo a leggerlo ti spaventi ma che in questo momento ha le stesse possibilità di vincere il torneo di quelle che ragionevolmente ha Cecchinato.



CECCHINATO IN SEMIFINALE: IL CAMMINO AL ROLAND GARROS

Sì, perchè senza bisogno di esagerare è così: quando sei in semifinale in uno Slam i paragoni e i rapporti di forza non esistono più, perchè a quel punto hai dimostrato di saper arrivare in fondo e due partite non possono fare la differenza. Per vincere uno Slam serve ovviamente il livello di gioco, la solidità mentale e magari anche un po’ di fortuna: tutti elementi che Cecchinato ha avuto con sè, approfittando del forfait di Nick Kyrgios che gli ha spalancato il tabellone nei primi turni permettendogli di affrontare Marco Trungelliti dopo la vittoria contro Marius Copil. Vittorie che sono state fondamentali per far crescere la fiducia: il successo contro Pablo Carreno Busta, testa di serie numero 10, ne ha aumentato l’autostima ma è stato il 3-1 su David Goffin a costruire idealmente l’impresa epica contro Novak Djokovic. Lì, Marco ha incrociato la racchetta con un giocatore che lo aveva battuto in rimonta a Roma, ma che anche qui non era al meglio (e si è visto): magari qualche settimana fa ci avrebbe comunque perso, a Parigi ha invece vinto quasi in trionfo, permettendosi anche un 6-0 nel terzo set. Quando è arrivato Nole, Cecchinato era pronto: sapeva che sarebbe stata più dura, ma la rimonta da 2-5 dopo aver perso 1-6 il terzo set, e i set point annullati nel tie break, ci hanno detto quello di cui avevamo bisogno: Marco ha davvero svoltato mentalmente dopo il trionfo a Budapest (primo titolo Atp, a 25 anni) e ha capito di poter dire la sua sul circuito, senza dover fare lo sparring partner di chi si gioca i titoli. Ecco perchè la testa fa parte di tutto il pacchetto e non va mai considerata a parte o una sorta di scusante: evidentemente Marco ce l’ha, gli serviva solo un risultato per capire di avere tutto per una grande corsa.



CECCHINATO E LA SFIDA A THIEM

Adesso c’è Dominic Thiem, del quale abbiamo brevemente parlato: un giocatore dalla tecnica sopraffina, che gioca il rovescio a una mano e che sulla terra rossa può arrivare a dominare. Due finali consecutive a Madrid, tre semifinali in serie a Parigi, sette dei 10 titoli Atp conquistati su questa superficie tra cui altre cinque finali perse. Se Cecchinato non aveva mai vinto un singolo match in un main draw di uno Slam, l’austriaco ha raggiunto sei volte gli ottavi tra Australian Open, Wimbledon e Us Open mentre qui al Roland Garros ha un record di 15 vittorie e 4 sconfitte. Sulla carta non c’è partita, come dimostrerebbe anche la prima vittoria (autoritaria) contro Kei Nishikori e il dominio su Alexander Zverev (6-4 6-2 6-1). Leggendo però tra le pieghe del suo cammino, possiamo scoprire che il giapponese è rientrato da poco da un serio infortunio, e che Sasha negli Slam era al primo quarto di finale e deve ancora capire come si affrontano le sfide al meglio dei cinque set. Il che non significa che Thiem non sappia giocare a tennis o abbia avuto fortuna, ma che leggere soltanto i risultati non può rendere giustizia a nessuno (nemmeno a chi perde): se vale per Marco, deve valere per Dominic che per di più non ha ancora quella solidità mentale per cui se trova un avversario decisamente inferiore lo mette sotto con la testa e poi lo batte con la racchetta. Anzi, la pressione è tutta su di lui: è Thiem che deve capire come avere la meglio di un giocatore che solo a maggio era uno sconosciuto (senza iperboli), è Thiem che insegue da tempo quella prima finale Slam che lo consegnerebbe definitivamente all’attuale Olimpo del tennis mondiale, mentre Cecchinato se la può “godere”, sapendo che lui la leggenda (anche se magari solo passeggera) nel suo piccolo l’ha già raccolta. Poi, arrivato fino a qui, ovviamente pensa con buona ragione di poter alzare il trofeo domenica: forza Marco, non manca molto.

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