Abbiamo visto di tutto nella vicenda Schwazer in questi tre anni. Poteva forse mancare l’ennesimo colpo di scena? No! Anzi, in queste ultime ore ne abbiamo avuto più di uno. Cominciamo col dire che venerdì 14 settembre il Gip del Tribunale di Bolzano Walter Pelino discuterà coi genetisti e chimici consulenti di parte, gli avvocati e lo stesso Alex Schwazer, i risultati della duplice perizia sulle analisi delle urine dell’ex marciatore, analisi durate 6 mesi.
L’analisi chimica, depositata dal prof. Marco Vincenti, ha preso in esame le molecole che hanno condannato l’atleta alla positività del controllo antidoping. Qui si è avuta una sorpresa: seppur perfettamente conservate, le urine presentavano in molti casi valori non coerenti con il profilo steroideo registrato dal laboratorio di Colonia. La perizia giustifica questa discrepanza con il tempo trascorso e le differenti procedure sperimentali adottate dai due laboratori. Nessuna spiegazione sul perché invece in qualche altro caso i valori siano gli stessi di Colonia. Si conclude che l’analisi chimica non consente conclusioni certe in merito a una possibile contaminazione di natura biologica delle urine di Schwazer e che bisogna dunque rivolgersi all’analisi genetica.
Prima di passare alla perizia genetica, è doveroso riportare il parere del chimico Giuseppe Pieraccini, consulente di Schwazer: “Mi riservo di fare a Bolzano le mie valutazioni, ora posso solo dire che se non si possono trarre conclusioni certe sulla manipolazione, tanto meno se ne possono trarre sulla non-manipolazione, questa valutazione è sottostimata nelle osservazioni di Vincenti e molte sue considerazioni non mi trovano d’accordo”.
Tra una settimana, davanti al Giudice, sulla perizia-Vincenti lo scontro non sarà solo di natura scientifica: gli avvocati della difesa ad esempio potrebbero chiedere conto di come mai una perizia chimica si avventuri a sentenziare che nessuna anomalia si sia registrata nella catena di custodia delle provette a fronte di una ufficiale doppia e contrastante versione data dal responsabile del prelievo antidoping prima sul foglio rosa di accompagnamento e poi nella deposizione al Tribunale arbitrale dello sport. Una forzatura — questa intromissione assolutoria — che getta ombre inquietanti sulla perizia stessa.
Ma veniamo all’altra perizia, quella sul Dna, presentata dal colonnello Giampietro Lago, che ha riservato altrettante sorprese. Innanzitutto vi è una puntigliosa e accurata ricostruzione del contesto in cui è avvenuta la consegna delle provette, che supera quanto era trapelato finora e getta una luce ancora più sinistra su quanto accaduto a febbraio nel Laboratorio antidoping di Colonia, compresa l’accusa alla Wada di aver occultato una aliquota di urina di Schwazer. Si confermano inoltre esattamente i valori della concentrazione del Dna anticipati a fine luglio dal Sussidiario, assolutamente anomali e inoltre discrepanti tra campioni A e B. Considerato il degrado, documentato in letteratura scientifica, si tratta di disomogeneità abissali, compatibili solo con una volontaria massiccia aggiunta di Dna per occultarne un altro. A questo proposito la perizia — incredibile ma vero — non presenta alcuno studio sulle due principali anomalie di quei dati e arriva però a concludere che non ci sono certezze scientifiche sulla possibile manipolazione delle urine. Ma i test ideati da Lago sui 100 volontari a cosa servivano se non anche studiare l’evoluzione della concentrazione del Dna nelle urine? Si può ridurre lo scopo di un test su 100 persone a un semplice confronto disomogeneo tra la concentrazione di Dna in urine fresche e quello di un’urina di 26 mesi? E dobbiamo credere — come recita la perizia — che i prelievi dei 100 non sarebbero stati neppure separati in provette A e B, come invece al contrario fonti vicine al Ris e alla Procura di Bolzano avevano anticipato ai giornali altoatesini di lingua tedesca o a La Gazzetta dello Sport e come sarebbe stato logico fare?
Si scopre inoltre dalla perizia che non vi è neppure una anamnesi dei testati per sapere ad esempio se quei pochi casi clamorosamente sopra soglia, peraltro tutti in età non paragonabile a quella di Schwazer, fossero alle prese con patologie che potessero spiegarne l’eccezionalità. Infine sono presenti analisi statistiche formulate in termini talmente improbabili da minarne la credibilità.
E’ possibile che un tecnico così preparato e serio come Lago abbia potuto produrre un lavoro così superficiale? Inoltre: quei dati che mancano, non ci sono perché non sono stati prodotti o invece semplicemente perché non sono entrati nella perizia? E se ci fossero e non sono entrati, perché non sono entrati? E’ pensabile trarre delle conclusioni sulla possibile manipolazione delle provette senza avere sviluppato ricerche adeguate su quei dati clamorosamente fuori norma delle provette A e B dell’urina di Schwazer?
“Non sono stati considerati alcuni parametri fondamentali. La perizia non è ancora conclusa, nell’udienza di venerdì avremo la possibilità di esporre le nostre osservazioni in modo da dare un ulteriore contributo scientifico alla vicenda” dice il genetista Giorgio Portera, consulente di Schwazer. “E visto che i campioni sono ancora in freezer — continua — se ci sarà la volontà sarà possibile sviluppare le analisi mancanti e approfondire quello che ora la parte indagata non può accettare come conclusione”. Gli fa eco l’avvocato di Schwazer, Gerard Brandstaetter: “Siamo fiduciosi, perché ci sono tutti gli elementi perché si dimostri scientificamente la manipolazione avvenuta”. Di certo venerdì 14 non sarà una giornata facile per il Gip Walter Pelino.