Leggenda vivente della pallavolo italiana, Francesca Piccinini ha compiuto il 10 gennaio quarant’anni: un traguardo importante, ma che pare solo un punto di partenza per la schiacciatrice di Novara, sempre al top del livello. La sua bacheca è piena di trofei e riconoscimenti (spicca di certo l’oro mondiale nel 2002 con la nazionale italiana) eppure la pallavolista toscana non pare mai paga, e con Novara anche quest’anno gli obbiettivi messi nel mirino sono più che prestigiosi. Per festeggiare le quaranta candeline di una delle atlete più significative e amate di sempre, abbiamo sentito proprio Francesca Piccinini che si è raccontata in questa intervista esclusiva al sussidiario.net
Francesca, 40 anni vissuti da protagonista e non molli mai, sei un esempio per tutti.
Sono una persona determinata e orgogliosa, ci tengo a vivere con passione ed entusiasmo tutte le sfide che affronto e sono ancora in campo proprio per questo: la passione per la pallavolo e l’entusiasmo con cui ogni giorno entro in palestra sono gli stessi di sempre.
Cosa ricordi dell’inizio della tua carriera, dove è nato l’amore per la pallavolo?
E’ nato per caso e all’improvviso, sono una delle ragazze della generazione “Mila e Shiro”: ho avuto la fortuna di poter trasformare in realtà quel sogno che per tantissime ragazze, me compresa, è nato guardando quella serie in televisione.
Quale il tuo ricordo più bello? Forse i Mondiali del 2002?
Dietro ogni vittoria c’è sempre tanto lavoro, ci sono sacrifici e ci sono sfide da superare. Per questo le ricordo e le ricorderò sempre tutte. Ovviamente il Mondiale del 2002 ha un sapore speciale, perché era la prima volta in cui il movimento femminile si affermava a quei livelli con la nazionale: a suo modo quel trionfo ha dato inizio a un vero e proprio “boom”.
Cosa pensi poi dell’exploit dell’Italia in Giappone? Quali potrebbero essere le prospettive delle azzurre verso le Olimpiadi?
So benissimo che dopo una finale persa rimane in bocca un sapore che è assai più amaro che non dolce, però credo che le azzurre di Mazzanti abbiano compiuto un’impresa eccezionale, di cui devono essere orgogliose. L’età media e il mix di talento e determinazione che hanno messo in campo sono delle fondamenta solide e importanti su cui costruire la rincorsa all’Olimpiade.
Ora Novara, uno scudetto bellissimo, capitana di una grande squadra: dove volete arrivare quest’anno?
Vogliamo riuscire a vincere il più possibile. Non sarà facile né in Italia né in Europa, perché dovremo affrontare avversarie di altissimo livello. Il campionato di serie A1 è cresciuto ancora e si è livellato verso l’alto, in Champions League ci sono sempre le corazzate turche e russe con cui fare i conti.
Com’è il tuo rapporto con Egonu e Chirichella, due grandi giocatrici di Novara? Sei anche la leader dello spogliatoio?
Il mio rapporto con le mie compagne più giovani è ottimale: cerco di trasmettere loro la mia esperienza e sono felice che mi diano ascolto e mi considerino un punto di riferimento. In cambio, loro mi contagiano con il loro entusiasmo e mi costringono a misurarmi quotidianamente con me stessa, per essere al massimo.
Cosa ti hanno dato gli anni con Bergamo ?
Bergamo è stata la società e la città in cui ho disputato gran parte della mia carriera, in cui ho cominciato a vincere e in cui sono cresciuta come atleta ma anche e soprattutto come donna. E’ stato un rapporto bellissimo, lungo, intenso e di reciproca soddisfazione: ho ricevuto tanto e ho dato a mia volta tutto quello che avevo.
E la Champions vinta con Casalmaggiore?
Quella ha un significato particolare, perché la Champions mancava da anni in Italia e siamo arrivate al traguardo compiendo un’impresa sportiva eccezionale. Mi piacerebbe replicare quel tipo di impresa con Novara, stiamo lavorando per costruirci questa possibilità.
Cosa hai imparato invece dalla tua esperienza in Brasile?
Andare a giocare in un campionato estero mi ha fatta crescere, è stata un’esperienza importantissima per me. All’epoca in Brasile giocavano grandi campionesse, la nazionale dominava e io a vent’anni ho vissuto una sfida grandissima. Non è stato facile, non c’era la tecnologia di oggi e si sentiva la mancanza di casa, dei miei cari ma è una scelta che rifarei.
Quanto ha dato Francesca Piccinini alla Nazionale? Chi è la tua erede?
La nazionale, come ogni atleta che inizia a giocare a pallavolo, ha rappresentato per me l’orgoglio più grande. Rappresentare il proprio Paese e accompagnare un intero movimento nel suo periodo di massima crescita ed espansione è qualcosa di cui sono profondamente fiera. La mia erede? Magari Elena Pietrini, visto che gioca anche nel mio ruolo.
Pensi di smettere a fine stagione o ci ripenserai?
Sinceramente non ci penso affatto. Ogni anno ormai si rincorre questa voce che io abbia intenzione di smettere, ci sono abituata, ma la realtà è che io prenderò, come ogni anno, una decisione a fine stagione. C’è troppo cui pensare ora, ci sono troppi traguardi da inseguire con la mia squadra, per valutare già il futuro.
Credi anche di essere stata una delle più grandi giocatrici del mondo di tutti i tempi?
Non mi piace e non credo sia giusto dare un giudizio del genere su me stessa. Posso dire di aver vissuto da protagonista almeno 25 anni di volley ad alto livello internazionale, quello sì.
Cosa farai quando smetterai di giocare?
Di sicuro mi terrò in attività, non sono una capace di starsene con le mani in mano… ma, come detto, non è ancora il momento di pensarci.
Un’amicizia speciale con Maurizia Cacciatori: ce ne puoi parlare?
Maurizia è stata una compagna e un’amica per me davvero importante, ho avuto la fortuna di incrociarla quando ero giovane e avere un punto di riferimento di questo tipo per me è stato molto positivo. La cosa divertente è che per anni si è parlato di una presunta rivalità tra noi, quando invece andavamo d’accordo e siamo tutt’ora molto legate.
Hai ancora qualche sogno da realizzare?
Certamente, chi non ne ha? Viviamo per inseguire sogni.
Ti vedi come mamma in futuro?
Ci sono ancora tanti capitoli della mia biografia che devono essere scritti… per adesso continuo a pensare a quelli dedicati al “campo” ma chiaramente una famiglia è un traguardo cui ogni donna e ogni persona in generale ambisce.
(Franco Vittadini)