Lo scorso anno, quando avevamo intervistato Maria Vittoria Viviani, la tennista lodigiana classe ’99 ci aveva raccontato della riabilitazione dopo un’operazione al polso, delle difficoltà del rientro ma anche dell’entusiasmo per il ritorno in campo, per poter finalmente riprendere in mano la racchetta e praticare uno sport che ama. Passione che a 12 mesi di distanza abbiamo ritrovato intatta, anche se nel frattempo tante cose sono cambiate; da Crema, Maria Vittoria Viviani è andata ad allenarsi a Marina di Carrara, ritrovando il suo vecchio coach e provando a lanciarsi in nuove sfide. Sullo sfondo, o sarebbe meglio dire come principale obiettivo, resta sempre quella voglia di provare a migliorarsi giorno per giorno, il desiderio di giocare quanto più possibile e di valutare passo per passo quale possa essere il percorso ideale. L’intervista esclusiva con Maria Vittoria Viviani è stata anche l’occasione per una chiacchierata a tutto tondo sul mondo del tennis professionistico: dagli Australian Open al ritiro di Andy Murray passando per lo stato del tennis femminile.
Maria Vittoria, come mai la scelta di Marina di Carrara? E’ stata una scelta “naturale”: ormai rimanere a Crema non aveva più senso, se non per la comodità; un aspetto importante è stato quello di aver ripreso ad allenarmi con Claudio Grassi, il coach che avevo a San Marino e che era con me quando ho ottenuto il primo punto Wta in Bulgaria. Adesso ha aperto il NextGen Tennis Center e io sono lì dall’ultima settimana di novembre.
Ti trovi bene? Sì, assolutamente. E’ una cosa nuova anche per lo stile di vita: sono lì da sola e non sono più a due passi da casa, anche se poi si tratta di due ore di viaggio… certo adesso torno solo nei weekend quando riesco.
Quali saranno i tuoi prossimi passi? Intanto giocherò il torneo a squadre con il Tennis Club Sinalunga, che mi ha voluto per quest’anno; sarà anche l’occasione per guadagnare qualcosa. Poi, con il mio allenatore, abbiamo deciso di seguire un percorso diverso rispetto al passato.
Ovvero? Giocherò i tornei BNL, quelli che portano agli Internazionali d’Italia; di fatto abbiamo scelto di rimanere più che altro in Italia. L’obiettivo per maggio è quello di arrivare alle prequalificazioni di Roma.
Pensi sia un obiettivo fattibile? Assolutamente sì, anzi: devo farcela (ride, NdR). Diciamo che se riuscirò a giocare con costanza e fare risultati “normali” dovrei arrivarci.
Non hai in programma qualche torneo all’estero? Sì, ma è una cosa che vedremo più avanti. Al momento Claudio ha in mente di farmi giocare il più possibile per riprendere il ritmo e a me va bene così: mi piace giocare e in questo modo posso migliorarmi costantemente.
E’ lui quindi che decide il tuo calendario? Sì, generalmente sì. Io poi non sono una che dice troppe volte di no; mi fido di lui e quindi va bene così, poi su certi tornei all’estero è chiaro che, dovessero essercene alcuni che si sovrappongono, potrei anche decidere di andare in un posto piuttosto che in un altro.
Per adesso quindi, tornei Wta non sono in vista… Beh, non avendo classifica non potrei nemmeno farli; cioè, posso iscrivermi senza problemi ma poi è chiaro che non ci entrerei mai.
Tra l’altro il sistema di classifica è cambiato… Sì, e secondo me è giusto: qualcuna si è lamentata ma ogni tanto si vedevano giocatrici anche di ranking alto che giocavano tornei nei quali non c’entravano nulla… e magari nemmeno li vincevano!
Il che ancora una volta ci porta all’argomento di un tennis femminile sempre più imprevedibile… Guarda, a livello maschile il ventesimo o trentesimo giocatore Atp andrebbe ad un Challenger e lo vincerebbe bendato. Tra le donne, spesso e volentieri, non è così. Ma noi siamo strane… prendi una come la Bencic: a 18 anni ha avuto un anno pazzesco, ha vinto a Toronto battendo Wozniacki, Ivanovic e Serena Williams, è arrivata numero 7 Wta e poi? Adesso si sta leggermente riprendendo, ma per come aveva giocato quella stagione non mi sarei mai aspettata un crollo simile; e non è la sola.
Questo perchè secondo te? Non saprei: di sicuro però alcune vengono fuori troppo giovani e poi è difficile rimanere allo stesso livello. E poi lo stile di gioco si è parecchio uniformato: se togli qualcuna, per esempio Halep o Kerber o adesso la Kasatkina – che infatti mi piacciono molto – le altre non si differenziano molto. Anche per questo mi dico che anch’io posso arrivare ad un certo livello, e con il mio coach lavoriamo per differenziare il mio gioco.
A proposito di questo: tu hai una sorta di “ideale” di carriera? Beh, io preferirei avere una carriera come quelle di Pennetta o Vinci piuttosto che fare uno-due anni da superstar e poi sparire. Flavia e Roberta sono rimaste ai vertici tantissimo tempo, e questa è una cosa prettamente italiana: da una parte un nostro ventenne non farebbe mai i risultati dei coetanei stranieri, dall’altra però noi duriamo molto più a lungo. Guarda Seppi o Lorenzi…
Per chiudere, due parole sull’attualità: inevitabile chiederti un pronostico sugli Australian Open… Allora, in campo femminile è difficile fare un pronostico ma vedo bene Kerber, che qui ha già vinto, e Kvitova: a Sydney mi ha impressionato, c’erano dei momenti in cui lasciava letteralmente ferme le avversarie. La Wozniacki deve difendere il titolo ma non penso ce la farà; tra gli uomini dico Djokovic o Federer, direi anche Zverev ma ha appena vinto le Atp Finals e per me agli Australian Open non farà benissimo.
Cosa pensi invece del ritiro di Andy Murray? La sua conferenza stampa mi ha emozionata: deve essere davvero dura innanzitutto sul piano fisico, e infatti mi chiedo come possa giocare a Melbourne quando dice che non riesce nemmeno ad allacciarsi le scarpe… devo dire la verità, a me non ha mai fatto impazzire come giocatore ma è innegabile che, a pieno diritto, vada riconosciuto nei famosi Big Four. Magari non era esattamente un fenomeno di simpatia in campo, ma…
Ma? Ma ha ricevuto tantissimi messaggi dai colleghi e da quattro giorni non si parla d’altro, quindi un segno deve averlo lasciato. Quello che mi ha colpito poi è che con tutto quello che ha vinto, e con tutto quel che ha guadagnato, vederlo piangere per non poter più giocare come sa è commovente: capisci davvero che è uno che ama quello che fa, questo è quello che ci fa il tennis…
(Claudio Franceschini)