Anche nel basket si vedono cose del genere purtroppo, un mister ha dovuto prendersela con i genitori ultrà che continuavano a insultare l’arbitro. Marco Giazzi ha deciso di allontanare la sua squadra di tredicenni dal rettangolo di gioco, preferendo perdere la gara a tavolino anche se la stava vincendo sul campo. Ci troviamo a Carpenedolo, paese della Bassa Bresciana, dove in una palestra della scuola media di via Dante c’è in corso una gara del campionato under 13 di basket maschile, per il girone Bronze di Brescia 3. Le tribune sono gremite da genitori che purtroppo ancora una volta hanno dato il cattivo esempio. Si sfidano l’Amico Basket Carpenedolo e la Negrini Pallacanestro Quintello 1996 e nonostante non ci sia molto da chiedere a una classifica c’è qualcuno che ha deciso di alzare la voce. Anche l’arbitro ha 13 anni, ma padri e madri sulle tribune non si fermano dall’insultarlo. Fin dal primo minuto la gara è condita da fischi e parole di ogni genere. Fino a quando Marco Giazzi ha deciso di chiudere la partita anticipatamente, facendo uscire dal campo i suoi, perdendo la partita a tavolino non prima di chiedere: “Ma vi rendete conto di che cosa sta succedendo? Noi qui in campo stiamo giocando a basket tutti insieme. Ci lasciate fare ciò che ci piace in santa pace? Potreste per cortesia smettere di insultarci?“.



Basket, mister contro genitori ultrà che insultano l’arbitro: un esempio da seguire

Marco Giazzi è un esempio di seguire, il mister di basket ha deciso di mettersi contro i genitori dei bimbi che giocavano facendoli uscire dal campo. Gli adulti ancora una volta però sono di cattivo esempio, gridando parole difficili da ripetere dagli spalti sia verso l’arbitro, tredicenne come i ragazzi in campo, che contro gli avversari dei propri figli. Sarà una partita poco importante per numeri e statistiche, ma il gesto del giovane allenatore vale come quello di uno di Serie A. Il segnale lanciato non deve essere perso, anzi va coltivato in un mondo che purtroppo va sempre più verso l’agonismo. Non ci troviamo però di fronte a quello sano, che mette di fronte due squadre che vogliono primeggiare l’una sull’altra, ma quello malato di chi vuole tramite le prestazioni sportive dei figli rifarsi di alcune sconfitte o frustrazioni della vita. La speranza è che il gesto di Giazzi non rimanga isolato e che possa essere d’esempio non solo per i bambini, ma anche e soprattutto per i più grandi.

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