E’ da rifare il processo per la morte del calciatore Piermario Morosini. A stabilirlo è stata la corte di cassazione che ha annullato la sentenza della corte d’appello dell’Aquila del febbraio del 2018, in cui venivano confermate le condanne nei confronti dei medici di Livorno e Pescara, leggasi Porcellini e Sabatini, nonché del dottore del 118, Molfese. Erano stato condannati a otto mesi di reclusione i primi due, e a un anno il terzo, ma è tutto da rifare e dovrà tenersi un nuovo processo presso la corte d’appello di Perugia. Gli avvocati Girardi e Rondandina, come spiega Sportmediaset, non si sono per ora espressi sulla vicenda, spiegando di attendere le motivazioni della sentenza, ma ribadendo l’innocenza dei propri assistiti. Morosini, morto in campo per una cardiomiopatia aritmiogena, si sarebbe forse potuto salvare con l’utilizzo del defibrillatore, per lo meno stando a quanto sostiene una perizia, e da sempre questo aspetto è stato cruciale nel processo.
MORTE MOROSINI, CASSAZIONE ANNULLA SENTENZA APPELLO
Era il 14 aprile del 2012 quando il mondo del pallone si fermò vedendo le immagini che arrivavano dallo stadio Adriatico di Pescara. Al 31esimo minuto della sfida con il Livorno, 14esima giornata di ritorno del campionato di Serie B, il calciatore degli amaranto si accasciò a terra, dopo vari tentativi di rialzarsi, per via di una crisi cardiaca. Terribili le immagini che circolarono in quei momenti, con gli occhi strabuzzati dello stesso Piermario, che cadeva al suolo privo di vita. Dopo essere stato portato in ospedale, Morosini morì alle ore 16:45 dello stesso giorno. Il 2 luglio successivo vennero resi pubblici i risultati dell’autopsia, che confermò i primi sospetti, quelli legati ad un problema cardiaco. L’inchiesta scattò poi il 10 settembre dello stesso anno, nei confronti dei tre medici di cui sopra per il mancato uso del defibrillatore.