Massimiliano Allegri lascia la Juventus. Grazie per questi cinque anni, gli 11 trofei, le due finali di Champions League. Grazie per essere entrato in punta di piedi, quel giorno di cinque anni fa, e infondere sicurezza in un ambiente devastato dal morale per l’addio di Antonio Conte. Quel luglio del 2014 la Juventus era una squadra vincente ma senza certezze: come si farà senza un allenatore che con fame e carattere ha vinto tre campionati e riportato il bianconero in cima all’Italia partendo da due mediocri settimi posti? Quel Conte che aveva portato in dote concetti semplici: si attacca sempre, si prova a vincere sempre, l’avversario non conta. Tre scudetti. Le 49 partite senza sconfitte. La fiducia ritrovata. Soprattutto, i campioni che hanno iniziato a tornare a vestire la maglia. Tevez dopo Pirlo, Morata con (e dopo) Llorente. Pogba e Vidal diventati pezzi da novanta, la BBC una filosofia e una saracinesca davanti a Buffon. Poi, quell’addio improvviso per il pubblico (nelle tempistiche: era un’ipotesi nell’aria da tempo).
Il giorno dopo, ecco Allegri: scetticismo, perplessità, pessimismo i sentimenti più diffusi. Cinque anni dopo, e al netto di come è finita, il livornese esce dall’Allianz Stadium come il terzo allenatore più vincente nella storia bianconera (secondo ai soli Lippi e Trapattoni) e il migliore per media punti centrata in campionato (un incredibile 2,85 con ancora una giornata da disputare). Al primo tentativo ha centrato la finale di Champions League: alla Juventus mancava da 12 anni. Due anni dopo, eccone un’altra. Le ha perse: intanto ci è arrivato, e quando non lo ha fatto ha subito eliminazioni all’ultimo secondo o è passato attraverso grandi imprese (la rimonta sull’Atletico Madrid, ma anche e soprattutto il 3-0 al Barcellona con tanto di porta blindata al Camp Nou contro Messi-Suarez-Neymar). Chi lo avrebbe mai detto?
Oggi, i detrattori dell’Allegri che lascia la Juventus sostengono che non sia mai stato in grado di far giocare bene le sue squadre. Che dovesse essere allontanato dopo Cardiff, che abbia perso contro una squadra (Ajax) nettamente inferiore, che non abbia sfruttato a dovere quel fenomeno di Cristiano Ronaldo e pur con lui non abbia vinto la Champions League, che non abbia mai davvero provato ad aggredire gli avversari. Alla maniera di Conte, che infatti oggi è invocato come erede e ritorno emozionale accettando anche di dimenticare le campagne europee poco scintillanti, o quell’addio funesto.
Sì, Allegri lascia la Juventus oggi ma forse avrebbe dovuto farlo dopo Cardiff. Quasi certamente avrebbe potuto esprimere un calcio migliore. E’ certo che la sua squadra – almeno negli ultimi due anni – non abbia entusiasmato per le trame offensive e il furore agonistico. Poi c’è il rovescio della medaglia: un allenatore che ha sempre trovato la quadratura del cerchio con qualunque tipo di rosa. Che ha giocato con difesa a tre o a quattro, un trequartista o il 4-4-2, due punte o il tridente, ma è sempre stato un maestro nel gestire la situazione, i momenti della stagione, lo spogliatoio. Un tecnico che è andato in casa di Pep Guardiola e gli ha segnato due gol (virtualmente qualificato al 91’) senza fargli vedere la palla; ha preso tre gol dal Real Madrid e gli ha rifatto lo scherzetto al Bernabeu (al 93’ era ai supplementari), ne ha subiti due dall’Atletico giocando malissimo e tre settimane più tardi l’ha eliminato con una lezione di calcio.
Questo è stato l’Allegri che oggi lascia la Juventus, e con buona ragione diceva “dovete spiegarmi cosa significa fare il bel calcio”: non per sbeffeggiare, ma perchè quando altri venivano celebrati per il tiki taka o le verticalizzazioni lui faceva i risultati con pragmatismo anche estremo, ma tremendamente efficace. Quando alcuni incantavano goleando ma venivano infilati nella partita successiva, lui soffriva ma portava a casa il risultato, anche se poi la filosofia della vittoria “di muso” non può pagare sempre (e non paga in Europa, almeno tre volte su quattro).
Insomma: anche al sottoscritto, oggi che Allegri se ne va, piacerebbe una nuova Juventus che sia brillante e spumeggiante, anche il sottoscritto pensa sia stato giusto cambiare; solo, non è troppo certo che il prossimo allenatore sarà in grado di fare quello che Allegri ha fatto sulla panchina dei bianconeri.