Questa sera torna la Coppa Italia. Si gioca il quarto turno: otto partite a eliminazione diretta che andranno a formare il tabellone degli ottavi di finale, dove entreranno in campo le big di serie A, ovvero le prime otto della classifica 2011/2012 (Juventus, Milan, Udinese, Lazio, Napoli, Inter, Roma e Parma). Il turno si apre con Palermo-Verona, e verrà chiuso la prossima settimana da Cagliari-Pescara. Lo scorso anno fu il Napoli a imporsi, superando in finale la Juventus che proprio all’ultima partita stagionale perse l’imbattibilità. Si sa che ormai da qualche anno questa competizione viene vista come un fastidio: un tempo il vincitore della Coppa Italia si qualificava in Coppa delle Coppe, oggi che questo torneo è stato inglobato nell’Europa League si è un po’ perso il fascino di un trofeo che spesso e volentieri viene snobbato anche dalle piccole, molto più interessate alla lotta per non retrocedere e comunque al campionato. Abbiamo chiesto un parere sulla Coppa Italia a Fernando Orsi, che è riuscito a vincere la manifestazione per ben cinque volte: due da calciatore (con la Lazio) e tre da vice allenatore di Roberto Mancini (una con la Lazio, due con l’Inter). Con lui abbiamo riflettuto sulla formula della coppa, sulle opportunità delle piccole di fare il colpaccio, sulla tradizione di un torneo che attira poco ma che, come ha detto Gasperini presentando Palermo-Verona, “dispiace tanto lasciare quando vieni eliminato”. Ecco le parole di Orsi, nell’intervista esclusiva rilasciata a Ilsussidiario.net.
Lei ha vinto cinque Coppe Italia: c’è un segreto particolare per affermarsi in questo torneo? Direi di no: è vero che ci sono squadre che hanno vinto più di altre ma, se andiamo a vedere, quelle che arrivano in fondo sono quelle che lottano anche per le prime posizioni in campionato. E’ soltanto una questione di organico che alla fine emerge: quando hai 24-25 giocatori di livello li puoi facilmente alternare, e hai più possibilità.
Le squadre minori da questo punto di vista fanno più fatica… Esatto: le formazioni di seconda fascia fanno la Coppa Italia quasi solo per presenza. Le imprese possono sempre riuscire e sono riuscite nel corso degli anni, ma resta una cosa molto difficile.
A proposito: perchè questa Coppa viene vista come un fastidio? E’ vero, la Coppa Italia spesso è un fastidio. Sicuramente il fatto di andare avanti nel torneo, e la possibilità di guadagnare un posto in Europa League, può dare lustro a una stagione; però poi, quando hai una partita di campionato e una di Coppa Italia a distanza di pochi giorni, è indubbio che ci rimette è la squadra con l’organico più scarso, che dunque mettono in campo undici molto rimaneggiati. Per loro quindi diventa più difficile.
Secondo lei il livello della FA Cup inglese è inarrivabile?
Decisamente: la FA Cup è legata a un discorso di cultura. E’ una manifestazione che esiste da più di cento anni, coinvolge tutte le squadre di tutte le serie, ha una tradizione differente; sarebbe molto interessante fare la stessa cosa anche in Italia, coinvolgere le serie minori, ma i costi sarebbero troppo elevati e forse il calcio italiano in questo momento non se lo può permettere, soprattutto le società.
La formula attuale la convince? Personalmente farei entrare le grandi squadre dal turno precedente (quindi dal quarto, ndr); sarebbe importante per quei giocatori che giocano meno, che potrebbero mettersi maggiormente in evidenza. Forse con questa formula le big giocano troppo poco.
(Claudio Franceschini)