Si chiude, con la finale di Copa del Rey, l’emozionante stagione di calcio internazionale 2011-2012; nell’attesa di proiettarci tutti in Polonia e Ucraina. A Madrid si affrontano Barcellona e Athletic Bilbao, una sfida dalle mille aspettative e dagli innumerevoli spunti. Si gioca al Vicente Calderon, lo stadio dell’Atletico, dato che il Madrid (quello regale) ha negato il permesso con la scusa di lavori minori; maliziosamente si può credere che ai blancos non andava a genio vedere calcare, contemporaneamente, il proprio prato da due squadre il cui anti-centralismo è più che noto. La finale di Coppa di Spagna non è sentita quanto la FA Cup ma nella sua storia ha regalato molte sorprese, permettendo a formazioni meno conosciute di scalzare, almeno per una mattina, le due super potenze ispaniche sui quotidiani. Siviglia, Valencia, Betis, Saragozza e Maiorca sono riuscite, negli ultimi 10 anni, ad esibire la Copa consegnata dal Re; oggi può essere la volta del Bilbao dopo ben 28 anni dall’ultimo successo, Madrid è stata invasa da circa 40 mila zurigorriak (rosso-bianchi nella lingua basca). Nell’altra metà campo si schierano i blaugrana che, nell’ultima di Pep Guardiola, vogliono “ganare” almeno un trofeo: sia per mantenere una cetra continuità nella bacheca di casa, sia perchè tale trofeo permetterebbe, a Messi e compagni, di giocarsi la Supercoppa contro il Real, nella prossima stagione. Il Barcellona sceglie Pinto in porta, difesa composta dal giovane Montoya sulla destra, Piquè e Mascherano coppia centrale e Adriano a sinistra; linea mediana composta da Iniesta, Xavi, oggi capitano in mancanza di Puyol, e Busquets; davanti la “banda bassotti” Pedro, Sanchez e Messi, dei quali nessuno supera il metro e settanta. Il Loco Bielsa risponde con Iraizoz tra i pali; Iraola, Amorembieta, Ekiza, Aurtenetxe; Javi Martinez, De Marcos a formare il blocco centrale; Susaeta e Muniain sulle fasce con Ibai Gomez in appoggio a Llorente, pilone centrale.



La partita viene battezzata dalla Marcha Real, l’inno nazionale spagnolo, che in soli 27 secondi a una potenza di 1000 watt, riesce a sovrastare i temutissimi fischi delle due tifoserie separatiste. Un grande entusiasmo accompagna la partita, le due tifoserie non smettono un minuto di sostenere i propri beniamini con quella basca in evidente superiorità numerica e sonora. La sfida parte subito forte, come le due formazioni ci hanno abituato in questa stagione: calcio d’inizio affidato all’Athletic che cerca all’istante di incunearsi tra le maglie blaugrana, troppo salde ed esperte, capaci così di ribaltare l’azione e mandare Messi al tiro, dopo un minuto. Sul corner successivo il Barca passa già in vantaggio con Pedrito, l’uomo delle finali, che sfrutta un malvagio stop del difensore avversario e spara alle spalle di Iraizoz. Il Bilbao ferito a sangue freddo, fatica a rivitalizzarsi anche perchè la compagine catalana inizia progressivamente ad alzare il baricentro conquistando, con la sua alta difesa, la metà campo avversaria. Passa il primo quarto d’ora e Messi impegna un’altra volta l’estremo difensore con una parabola dal limite che sembra destinata solo ad entrare. Il tempo di attesa per il raddoppio è comunque di soli 5 minuti, quando Don Andres serve con un laser verticale la Pulce che di destro non sbaglia di fronte al portiere. I fantastici 11 vanno a come un martello pneumatico non lasciano scampo ai baschi e dopo altri 5 minuti si ripetono ancora con Pedrito che sigla il 3-0 con un raso a giro sul secondo palo. È il 22′ e il destino sembra già scritto, neanche l’arbitro sceglie di cambiarlo quando decide di non vedere una vistosa trattenuta in area di Piquè che di fatto impedisce a Llorente di presentarsi al tiro. Ottenuto un buon margine di vantaggio può il tiki-taka, intervallato dalle solite verticalizzazioni della regia catalana che cercano di mandare una delle tre “punte” in area. La squadra di Bielsa dal canto suo si fa molto aggressiva a centrocampo ma ciò che manca è la precisione in fase di impostazione, questo è il vero discriminante tra le due compagini: l’una nata con il passaggio come fratello gemello, l’altra incapace di concentrarsi dopo tre sberle in 20′. Nel finale prima Mascherano prova il gollasso da centrocampo, poi è ancora l’arbitro a rendersi protagonista non sentendosi di concedere il rigore per un appoggio su Sanchez. Il primo tempo manda al riposo Guardiola, rimane tra gli incubi Bielsa.



Il secondo tempo si apre con un doppio cambio per l’Atheltic: escono Susaeta e De Marcos per Ander e Inigo Perez. Le modifiche tattiche sembrano sortire i loro effetti perchè già al 50′ il Bilbao si rende pericoloso costruendo da centro per la corsia dove proprio il neo entrato Gomez si fa trovare pronto al controllo e cerca di sfruttare con un pallonetto il mal posizionamento di Pinto: idea giusta, realizzazione da rivedere e il risultato non cambia. Risponde quindi il Barca, stavolta con Sanchez che di testa tenta di insaccare sul secondo palo ma è impreciso nella conclusione. Le azioni blaugrana si sviluppano principalmente sulla destra, dove un giovane ma diligente Montoya si fa sempre trovare pronto nella sovrapposizione sfruttando lo spazio che Pedro o sanchez gli creano con i loro movimenti. È da un’azione del genere che la squadra di Pep porta il terzino canterano ad accentrarsi fino al limite dove poi manca di tempismo nel servire il taglio Pedro. Se nella parte centrale del match succede poco nulla di significativo, è lo stadio intero a diventare il vero protagonista della serata grazie alla cornice di pubblico che non smette mai, da ambo le parti, di cantare ed incitare trasformando il Vicente Calderon in una vera e propria bolgia. Necessaria è la citazione in onore dei baschi: tifosi incredibili, mai domi, che sebbene dopo neanche un terzo di partita vedevano la Copa svanire dalle loro mani, non hanno mai smesso di sostenere la propria squadra ricordando a tutti l’orgoglio della loro appartenenza. Tra cori e sciarpate, decide di ri-infilarsi Messi, giocatore da minimo sindacale per tutto il secondo tempo, con una serpentina alla mundialito che non vede il massimo risultato, solo per colpa del piede di Iraizoz. Tra le varie sostituzioni dei due rettori del calcio, il Bilbao ha ancora la forza di mangiarsi un’altra occasione, questa volta con Aurtenetxe che non incorna tra i pali una splendida trivela del vivace Gomez. Nell’ultimo quarto d’ora la fa da padrone il cronometro; l’arbitro, che questa sera non ha certamente brillato, decreta il 4° trofeo stagionale del Barcellona, il 14° su 17 possibili dell’era Guardiola, il trionfo catalano nella Madrid blanca. Il principe Felipe ripercorre il rito, la coppa dai 15 kg è per la 26° volta nelle mani di un blaugrana, questa volta è Xavi, che senza fatica alza verso Guadriola il trofeo. È una cartolina, si spera che dietro a questa foto non ci sia scritto un addio ma solo un arrivederci di un grande, che da grande lascia (temporaneamente) vincendo.



 

Pinto 6: compie una bella parata di istinto nella prima frazione, poco altro. Pecca di esuberanza in certi disimpegni difensivi, da malvagio anche il posizionamento che gli rischia un gol su pallonetto.

Montoya 7: ce la mette tutta per non fare notare la poca esperienza, ci riesce per lunghi tratti. Premiato.

Pique 6.5: decisivo in alcune chiusure, azzardato nella trattenuta su Llorente: stavolta gli è andata bene.

Mascherano 8: un vero Jefecito, come lo hanno da sempre soprannominato in patria. Oggi non sbaglia un colpo: capo.

Adriano 5.5: si vede poco, il voto è anche frutto del gioco della squadra che tende a spingere più sulla corsia opposta.

Xavi 7.5: alza il suo ventesimo trofeo in carriera, oggi come sempre protagonista.

Busquets 6.5: emblema della gestione Guardiola: da perfetto sconosciuto della Segunda Division a perno del centrocampo catalano.

Iniesta 7:Don Andres queste partite non le sbalgia ed infatti ci piazza l’assit per il gol di Messi. Per il resto solita calamita con la palla.

Sanchez 6: tra i tre quello che si rende meno pericoloso, lavora molto nella costruzione ma sotto porta non è mai decisivo.

Messi 7.5: sigla il suo 73° gol in una sola stagione; non sbaglia neanche di destro, “il suo piede debole” dopo di che può anche sparire tanto non deve dimostrare niente a nessuno.

Pedro 8: si è presentato come l’uomo delle finali, anche stavolta non tradisce siglando una doppietta che stende gli avversari.

Guardiola 10: il voto di una partita perfetta, il voto di una carriera perfetta. Oggi i suoi sembravano parlarsi con la mente, come in un’orchestra saprebbero suonare anche bendati.

Iraizoz 5.5: sul primo gol (tiro centrale) si sposta inspiegabilmente, interviene successivamente con due belle parate.

Iraola 5: potrebbe osare di più sulla sua corsia, quella meno utilizzata dagli avversari.

Amorembieta 4.5: tutto tranne che lucido, sbaglia i tempi di intervento e di impostazione.

Ekiza 4: la prima rete è causa di un suo controllo maldestro, serve praticamente l’assit a Pedro. Da quel momento, 3′ di gioco, non si riprende più.

Aurtenetxe 5: è costretto a lottare contro la trebbiatrice blaugrana che decide di operare sempre, o quasi, sulla sua corsia. Sbaglia poi il gol della bandiera.

Javi Martinez 5: manca la sua freddezza nella regia, soffre il pressing avversario e rimane per tutta la partita molto impreciso nell’impostazione.

De Marcos 4: un fantasma, giusta la sostituzione.

Susaeta 4.5: non è in forma, anche lui viene sostituito giustamente.

Inigo Perez 6.5: entra e ha subito l’occasione per accorciare le distanze, sbaglia ma non si dà mai per vinto.

Muniain 5.5: ci prova in tutte le maniere ma oggi non si passa da nessuna parte.

Ibai Gomez 5: non sostiene con Llorente l’arduo compito di intaccare minimamente la difesa avversaria. Llorente lasciato troppo solo a lottare contro due titani. Si guadagna un rigore che solo l’arbitro non vede. Rimangono i suoi 29 gol stagionali e la standing ovation dei sui tifosi al momento del cambio.

Bielsa 5: oggi imposta male la partita, da subito si vede che i suoi non hanno le carte adeguate per giocarsela almeno per un po’ con il Barca. Resta comunque un grande.

Giorgio Davico