Il gesto di Delio Rossi occorso ieri sera e che gli è costato l’esonero ha fatto ormai il giro del mondo. L’allenatore della Fiorentina si è scagliato contro Adem Ljajic, sostituito al 30′ minuto, prendendolo a pugni, dopo che il serbo l’aveva ironicamente applaudito e gli aveva rivolto qualche parola di troppo. Sono già arrivate le sanzioni: Delio Rossi ha subito una squalifica di tre mesi, mentre Ljajic è stato messo fuori rosa e non si allenerà con la squadra. Subito, comunque, la mente è andata a precedenti famosi: dalla rissa di Cesena-Lumezzane con Castori coinvolto e squalificato per lunghissimo tempo al calcetto che Silvio Baldini assestò al fondischiena di Mimmo Di Carlo. Tra questi, anche la corsa sotto la curva dell’Atalanta di Carletto Mazzone, durante un derby contro il Brescia terminato 3-3. Al di là di questo, Mazzone è uno che di giocatori ne ha allenati tanti, di cose ne ha viste, e ha l’esperienza per giudicare questo tipo di situazioni. L’abbiamo allora contattato per farci raccontare l’episodio e capirne di più su questi trenta secondi di follia. Ecco quello che ci ha raccontato nell’intervista esclusiva rilasciata a ilsussidiario.net:



Mister, abbiamo visto tutti quello che è successo: lei cosa ne pensa?

E’ successo sicuramente qualcosa di poco simpatico: sarebbe stato molto meglio se non fosse accaduto. C’è stata tanta tensione in questo episodio. 

Di chi è la colpa, secondo lei? 

Penso abbiano sbagliato tutti e due, ma in particolar modo ha sbagliato l’uomo che ha più esperienza dell’altro. Delle volte, però, lo stress ti porta a ragionare poco, no? 



Certo. L’episodio comunque è grave…

Sì, il giudizio chiaramente è negativo nei confronti di Rossi. Diciamo però che dobbiamo dargli delle attenuanti per lo stress e le tensioni dettate dalla Fiorentina in cattive acque, che era in svantaggio di due gol; questo ragazzo magari ha avuto una reazione che sicuramente poteva controllare. L’allenatore ovviamente non può e non deve arrivare a fare questo, però…

Però?

Ripeto, dobbiamo dare a Delio Rossi delle piccole giustificazioni; non più di tante, sia chiaro. L’immagine dell’allenatore ne viene fuori male, ma quando c’è questa benedetta tensione, questo stress, questa classifica che piange, una critica continua, l’allenatore ogni tanto perde la testa. Questa volta è successo a Rossi.



E’ tornata alla mente la sua corsa sotto la curva dell’Atalanta: si può paragonare, come momento di stress e tensione?

Sì, certo: ma era una situazione diversa. E’ vero che sono andato sotto la curva, ma è anche vero che non avevo questi grandi rapporti con quelli della curva. Qui, il giocatore fa parte di te stesso: non credo ci sia un accostamento. 

D’accordissimo: l’accostamento era per quei famosi due minuti che possono venire a tutti…

Esatto. Lì, però, ci furono delle brutte parole rivolte a qualcuno che non c’è più, ovvero i miei genitori; e poi alla mia romanità. Questo poteva pure passare, ma maltrattare e offendere qualcuno che non c’è più è una cosa che esiste, specialmente se è la mamma…

Un’altra situazione, quindi?

Sì, completamente diversa, ma per un motivo: io non avevo nessun rapporto con i tifosi dell’Atalanta. Era un derby: cosa c’entrava il ricordo di mia madre? Non è un accostamento che gradisco, assolutamente.

Tornando all’episodio: come si possono educare ragazzi di 20 anni all’autorità di un allenatore?

Bisogna dare loro un’educazione sportiva: e qui entrano in gioco anche la società, gli addetti alla squadra, i dirigenti e i giocatori di maggiore esperienza. Fanno tutti parte dell’organizzazione, sono importanti affinché non succedano situazioni del genere.

 

(Claudio Franceschini)