Un”‘area cicatriziale” nella zona ventricolare sinistra. Ecco quello che risulta (meglio: risulterebbe) dall’autopsia effettuata sulla salma di Piermario Morosini. Lo riporta Tgcom24: se così fosse confermato (bisogna attendere l’esito degli esami istologici sui reperti), a provocare l’aritmia, e quindi l’arresto cardiaco che ha poi causato la morte di Morosini, sarebbe stata una miocardite, che avrebbe provocato un tilt nel circuito elettrico del cuore. Per addentrarci all’interno del discorso medico e tecnico, ecco le parole del dottor Domenico Angelucci, anatomopatologo presso l’Università di Chieti, ovvero l’istituto dove si è svolta l’autopsia. “In pratica, se tutto fosse confermato, si sarebbe trattato di un vero e proprio corto circuito: se c’è qualche infezione che blocca o altera la circolazione elettrica del cuore, che va in una certa direzione, si creano delle fibrillazioni ventricolari”. A questo punto, ci sono almeno due domande: la prima è come e quando Piermario Morosini abbia contratto queste infezioni, la seconda è se in qualche modo qualcuno avrebbe potuto accorgersi della cosa. Sempre Angelucci spiega: “Difficile rendersene conto, perchè spesso questi danni sono minimi, oppure riconducibili ad anomalie congenite; quindi, è possibile che ci si accorga del difetto solo quando succede la tragedia”. Ora, l’ipotesi – che, ripetiamo, è ancora tutta da confermare – aprirebbe nuovi scenari, e porterebbe all’esplosione, nuovamente, dell’eterno battibecco: giusto avere il defibrillatore a bordo campo? In un caso come quello di Morosini, forse, il giocatore sarebbe potuto essere salvato. Sull’argomento si è detto tanto, si è parlato anche a sproposito di colpe da attribuire a qualcuno, di ambulanze impedite nel loro passaggio da vigili maldestri: si è andati a caccia di un caprio espiatorio, quasi a voler stigmatizzare qualcuno nella speranza di esorcizzare il dolore e l’incredulità di fronte alla tragedia. La realtà dei fatti, almeno a quanto si è visto quel pomeriggio sul campo dello stadio Adriatico di Pescara, è che si sia tentato il possibile per cercare di salvare Morosini, e che si sia trattato di una fatalità. Naturalmente, una volta che i risultati arriveranno, sarà dovere di chi di competenza cercare una soluzione la più efficace possibile per garantire la sicurezza di chi va in campo; 



Ma noi non possiamo fare a meno di pensare e ripetere che, alla fine di tutto, si sia trattato per l’appunto di una fatalità, e che, visti anche gli altri tragici casi accaduti – l’ultimo, quello del nuotatore norvegese Ole Daen, noi uomini siamo sempre inermi di fronte all’insondabile mistero che resta questa nostra vita.

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