Il St. Pauli è una delle società di calcio più famosa di Germania. Non certo per i risultati sul campo: in Bundesliga il club di Amburgo è stato in due occasioni nel nuovo millennio (2001/2002 e 2010/2011), peraltro retrocedendo sempre la stagione successiva. In più, c’è stato anche un rischio di bancarotta, con tanto di raccolta fondi attraverso vendita di merchandising; nessun trofeo in bacheca, eppure una fama invidiabile. Il motivo? Risale agli anni Ottanta: il St. Pauli cambiò la sede dello stadio spostandola vicino a Reeperbahn, ovvero il quartiere a luci rosse della città portuale. La media dei tifosi, che adottarono come stemma non ufficiale il teschio con le ossa incrociate, aumentò a dismisura: da 1.600 a 20.000, in un amen. In più, ci fu la decisione – per la prima volta da parte di una società tedesca – di bandire dalle tribune qualunque gruppo o tifoso di estrema destra. E’ una squadra talmente famosa da avere fan club sparsi in tutto il mondo, e pochi giorni fa si è resa protagonista di un altro gesto che probabilmente accrescerà la notorietà: durante una partita hanno esposto alcuni striscioni contro l’omofobia, accompagnati dai colori arcobaleno e un’altra scritta che recitava “It’s ok to be gay”. In un mondo nel quale siamo abituati a vedere ben altri messaggi allo stadio, un gesto decisamente originale da parte di un club originale.



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