“Assolto perché il fatto non costituisce reato”, così la Cassazione ha prosciolto Fabio Carlino dall’accusa di aver provocato, con la vendita di cocaina purissima, la morte per overdose del ciclista Marco Pantani insieme ai pusher Fabio Miradossa e Ciro Veneruso.

Carlino, in primo e secondo grado, era stato condannato a quattro anni e sei mesi di reclusione oltre a 19 mila euro di multa e al risarcimento pari a 300 mila euro in favore dei familiari del Pirata, morto la sera del 14 febbraio 2004 in un residence di Rimini. Ieri nella sua requisitoria, il sostituto procuratore generale della Cassazione Oscar Cedrangolo aveva mosso molte perplessità ai verdetti di merito dicendo di “aver avuto la sensazione che la spettacolarizzazione data dai media alla morte di Pantani, abbia spinto i giudici di merito ad una eccessiva attribuzione di responsabilità” nei confronti degli indagati. Insomma, per dirla in termini più comprensibili: gli spacciatori sono colpevoli del reato di spaccio (appunto), ma non possono essere responsabili della morte per overdose di chi utilizza la droga da loro acquistata. Le sentenze di primo e di secondo grado sarebbero dunque state condizionate dall’importanza data dai media e dal grande pubblico a questo caso, a differenza di quando muore per overdose una persona “normale”. Cedrangolo aveva pertanto chiesto l’annullamento senza rinvio della parte più pesante della condanna di Carlino relativa all’accusa di omicidio come conseguenza di altro reato, e aveva invece chiesto la conferma della condanna per lo spaccio. Cedrangolo, comunque, aveva messo in evidenza la mancanza di prove a carico di Carlino rilevando che non aveva comunicato a Miradossa e Veneruso il nuovo domicilio di Pantani (il che avrebbe facilitato l’azione degli altri due spacciatori) e inoltre non sapeva che il campione di ciclismo da poco e per un pelo era stato salvato da un’altra overdose. “Con questa decisione che proscioglie Fabio Carlino da ogni accusa, la Cassazione dimostra di essere totalmente slegata dalla emotività dalla quale sono spesso assaliti i giudici di merito e ha emesso un verdetto più equilibrato che conclude la triste vicenda della morte di Marco Pantani”: così hanno commentato la decisione della Suprema Corte fonti dello studio del penalista Alessandro Gamberini, che ha difeso in Cassazione Carlino.



Si chiude dunque in questo modo il procedimento penale sulla triste fine del più grande campione del ciclismo italiano recente, autore della doppietta Giro d’Italia-Tour de France nel 1998 e fermato per ematocrito alto (non doping, ricordiamolo) a Madonna di Campiglio, a due sole tappe dalla vittoria nel Giro 1999. Un colpo dal quale il Pirata non si riprese mai più, iniziando una parabola discendente che lo condusse infine alla morte.



 

(Mauro Mantegazza)

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