Le Olimpiadi sono sempre un momento speciale nella carriera di un atleta, il coronamento di anni di allenamenti, gare e sacrifici; questo vale anche per chi ormai è prossimo alla quarta partecipazione ai Giochi Olimpici, come nella ginnastica è il caso di Alberto Busnari. Classe 1978, nato a Melzo (Milano), Busnari è un grande specialista del cavallo con maniglie e fa parte del gruppo sportivo dell’Aeronautica (che, come Alberto tiene a sottolineare “ha un ruolo fondamentale nei cosiddetti sport minori, consentendomi di dedicarmi a tempo pieno allo sport”). Ecco cosa ci ha detto in questa intervista esclusiva per IlSussidiario.net.
Che cosa sono per te le Olimpiadi?
Io ormai sono alla quarta partecipazione, e sono andato al di là di quanto potessi sperare. Ogni volta è il raggiungimento di un grande obiettivo, un sogno che si realizza, anche se ogni volta ti dà emozioni diverse. Questa volta poi la nostra Nazionale non era tra le favorite per la qualificazione, e quindi esserci ancora una volta è una gioia ancora più grande. Londra per me sarà quindi una ciliegina sulla torta, però questo non vuol dire che mi accontenterò di esserci: dal giorno dopo la qualificazione ho iniziato a prepararmi al 100%, e soprattutto nel cavallo con maniglie mi giocherò le mie possibilità e speriamo che vada tutto bene.
I ricordi più belli delle tre Olimpiadi precedenti quali sono stati?
Sydney 2000 fu la prima, e quindi la realizzazione di un sogno fin da quando andavo a scuola e mi allenavo al pomeriggio nella Juventus Nova di Melzo. Poi nel 1996 mi sono trasferito al centro federale di Milano e ho iniziato ad allenarmi a tempo pieno: quattro anni pensando di arrivare ai Giochi, e finalmente li avevo raggiunti.
Atene 2004?
Quella fu la più deludente, dal punto di vista sportivo. Ci arrivavo probabilmente nel pieno della mia maturazione sportiva, e due mesi prima avevo vinto l’argento agli Europei nel cavallo con maniglie, quindi puntavo almeno ad entrare in finale. Invece, anche a causa di qualche punteggio strano della giuria, non è andata come desideravo, anche se gareggiai abbastanza bene: uscire nelle qualificazioni fu una brutta botta.
Pechino 2008?
Quella l’ho vissuta molto bene, anche perché nel 2006 mi ero strappato un adduttore, e da lì partì una lunga rincorsa a una qualificazione non scontata: esserci fu già una soddisfazione per me e la squadra, e il decimo posto finale è stato anche un buon risultato tecnico.
Ora da Londra cosa ti aspetti?
Come detto, c’è già stata la vittoria delle qualificazioni per la squadra maschile. Questa qualificazione ci fa pure giocare le nostre carte nelle gare individuali, e speriamo di fare bene.
Lo sport per te che cosa è?
Lo sport è la mia vita. Fin da bambino volevo fare la vita che ora sto facendo. Sono sempre stato un grande appassionato, di ginnastica ma anche di altri sport: sono un vero “malato”, devo dirlo. Sicuramente è un’ottima palestra di vita, nel senso che mi ha insegnato tanto anche come uomo: i sacrifici, lo stile di vita, il lavoro per ottenere risultati. Se non avessi fatto il ginnasta, avrei tentato con altri sport.
La tua giornata-tipo come si svolge?
Da quando mi sono trasferito al centro permanente, in linea di massima quattro giorni a settimana ho doppia seduta di allenamento, due ore e mezza al mattino e tre o quattro al pomeriggio. Mercoledì e sabato seduta singola, domenica libera. Naturalmente può avere delle modifiche in base alle gare, ma questa è la programmazione normale.
Qual è il ricordo più bello della tua carriera?
Dal punto di vista agonistico forse l’argento europeo del 2004, ma anche questa qualificazione per Londra, che è stato un traguardo per tutta la squadra, e non solo per me a livello individuale. Insomma, è una soddisfazione più grande, due momenti molto belli, condivisi con tutti i compagni.
A parte le gare, cos’è la cosa più bella della tua carriera?
Non sono più un ragazzino, ci sono stati tanti momenti belli. Ho girato il mondo, conosciuto persone e culture diverse, e questo è molto importante per una persona. Inoltre lo sport, come ho detto, mi ha insegnato valori molto importanti e ha fatto nascere belle amicizie. Senza trascurare che anche sconfitte o infortuni ti fortificano: la ginnastica mi ha dato tanto.
Una cosa che invece tu hai dato alla ginnastica è il movimento che porta il tuo nome…
Il fatto di aver lasciato un segno mi ha dato enorme soddisfazione. Questo momento è nato un po’ per caso dopo Pechino 2008, quando ho iniziato a pensare al post-carriera, avendo già 30 anni: quindi ho partecipato a un corso di giuria per un possibile futuro nel nostro ambiente, grazie all’appoggio della nostra Federazione. Mi sono messo a studiare meglio il codice dei punteggi e all’interno di quello del cavallo, insieme con un giudice mio amico, abbiamo ripreso delle modifiche che già avevamo immaginato da ragazzi. Così ho portato il movimento base – la rotazione circolare – in verticale (che fa aumentare il livello di difficoltà) aggiungendo delle rotazioni di 360 gradi con altri spostamenti sopra il cavallo e dalla verticale torno al movimento circolare iniziale: una sommatoria di elementi previsti in una nuova combinazione. Così è nato il movimento, iniziando a provarlo da solo in allenamento. Pensare che fra molti anni guardando le gare in tv vedrò il mio elemento è certamente una soddisfazione.
Per finire, cosa consiglieresti a un ragazzo che volesse fare ginnastica?
Parlo della ginnastica, e dello sport in generale: mi ha lasciato tanto, i valori che si imparano servono in tutta la vita. Non importa se sei un campione o un atleta di medio livello, a tutti i ragazzini consiglio di dedicarsi allo sport con il massimo impegno perchè è prima di tutto un divertimento, una gioia e una passione. Se poi questo piacere può diventare un’attività di alto livello, ben venga: di certo passerai bei momenti e che ti arricchiscono a livello umano. Impegnatevi che ne trarrete soltanto vantaggi.
(Mauro Mantegazza)