La Nazionale di ginnastica ritmica sarà una delle punte di diamante della spedizione italiana ai Giochi Olimpici di Londra 2012. Ormai da molti anni l’Italia ha una posizione di grande rilievo nelle gerarchie di questo sport, ed è l’unica squadra occidentale a contrastare lo strapotere di nazioni di grande tradizione quali Russia, Bielorussia, Ucraina e Bulgaria, senza trascurare la Cina. Il palmares delle azzurre è davvero impressionante: spiccano l’argento nella gara a squadre ad Atene 2004 e i tanti successi nei Campionati Mondiali, tra cui spiccano i tre ori consecutivi nel concorso generale a squadre. Insomma, a Londra l’Italia sarà tra le grandi favorite, anche per “vendicare” il quarto posto di Pechino 2008, frutto di decisioni discutibili della giuria. Dietro a questi grandi successi c’è un grandissimo lavoro di squadra, indispensabile in uno sport che richiede la perfezione per primeggiare. Per conoscere meglio queste grandi campionesse, abbiamo intervistato Elisa Blanchi, che fa parte del gruppo sportivo dell’Aeronautica Militare e fa parte della Nazionale fin dal 2003, quindi ha vissuto tutta questa grande epopea. Intervista esclusiva per IlSussidiario.net.



Come procede la vostra preparazione per Londra?

Ci stiamo allenando, come tutti gli anni, cercando di migliorare sempre di più l’esecuzione dei due esercizi di gara. Purtroppo abbiamo avuto qualche infortunio ma, nonostante tutto, il lavoro sta andando avanti bene. Abbiamo le tappe di Coppa del mondo e gli Europei per testare la nostra preparazione prima delle Olimpiadi.



Quali sono i punti di forza della squadra italiana?

L’Italia sta facendo scuola a livello internazionale grazie all’originalità e alla dinamicità degli esercizi. L’unione del gruppo si vede anche in pedana e questo è un grande punto di forza.

Come è la giornata-tipo durante l’anno?

Sveglia alle 7.00. Allenamento dalle 8.00 alle 13.00, un’oretta di pausa per il pranzo e si riparte per il secondo allenamento che termina alle 17.30. Poi c’è lo studio e la fisioterapia.

Molti sacrifici e poi tutto è nelle mani delle giurie: come si vive questa situazione?

I sacrifici si fanno per la grande passione che c’è per questo sport. Fortunatamente in tutti questi anni le “delusioni” sono state poche e spesso le rinunce fatte e gli sforzi quotidiani sono stati ampiamente ripagati. Ognuno deve fare il suo lavoro… noi facciamo il nostro e gareggiamo per il piacere di farlo, se viene riconosciuto anche dalla giuria ci dà sicuramente una carica in più, altrimenti si guarda avanti.



La ginnastica ritmica è davvero “un gioco di squadra”: com’è il rapporto tra di voi? C’è competizione per il ruolo in squadra?

Non c’è rivalità tra di noi… siamo tutte ragazze che hanno lo stesso sogno e gli stessi obiettivi, quindi cerchiamo di aiutarci a vicenda per il bene della squadra.

E il ruolo di allenatrici e coreografe quanto conta?

Tantissimo. La danza fa parte di questo sport, ti dà eleganza e portamento. Le allenatrici sono indispensabili sia per la preparazione fisica che per gli esercizi di gara.

Quali sono i ricordi più belli degli scorsi successi?

Le Olimpiadi di Atene: è stata la prima Olimpiade. Forse ero troppo piccola ma ho un ricordo meraviglioso. Poi gli ultimi 3 mondiali vinti… emozioni diverse per ogni vittoria, ma tutte e tre mi hanno lasciato dei ricordi incredibili.

L’Italia è l’unica Nazione a contrastare le potenze dell’Est: quali sono le basi di questo sport da noi?

A differenza dei paesi dell’est, dove le ginnaste hanno delle doti fisiche naturali, l’Italia punta sulla coordinazione, il dinamismo e l’originalità.

Perchè hai iniziato a fare ginnastica ritmica?

Ho iniziato a 3 anni e mezzo. Mia mamma inizialmente mi aveva iscritto alla lezione di ginnastica artistica… un giorno, sbagliando orario, stavano facendo ritmica, ho provato e mi sono appassionata.

Quale consiglio daresti a una ragazza che voglia fare lo stesso?

Il mio consiglio è fare sempre le cose con passione, sapere che si può sempre migliorare ascoltando i consigli delle allenatrici, essere costante e saper fare delle piccole rinunce.

 

(Mauro Mantegazza)

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