L’Italia della pallavolo maschile ce l’ha fatta: vincendo ieri sera la finale del torneo di qualificazione di Sofia (Bulgaria) contro la Germania, al termine di una partita avvincente risolta solo al tie-break, la Nazionale del commissario tecnico Mauro Berruto ha centrato la qualificazione per i Giochi Olimpici di Londra senza nemmeno dover aspettare l’ultima occasione. L’Italia ha chiuso il torneo con cinque vittorie in cinque partite: una vittoria dunque più che meritata, a parte le difficoltà nella partita inaugurale con la Finlandia e il passaggio a vuoto nella finale di ieri che ci è costata la rimonta tedesca dal 2-0 al 2-2 prima di chiudere al quinto set. Battuta e muro sono stati i nostri punti di forza in una settimana che verrà ricordata anche per il grande ritorno in azzurro del 39enne Samuele Papi. Parliamo di tutto questo e di come proseguirà il cammino verso la World League e le Olimpiadi con uno dei titolari indiscussi di questa squadra, il palleggiatore Dragan Travica, che è anche fresco campione d’Italia con la Lube Macerata. Intervista esclusiva per IlSussidiario.net.
Come vi sentite dopo aver centrato questo obiettivo fondamentale?
Sarà banale, ma siamo molto felici: era l’obiettivo della squadra, ma partecipare ad una Olimpiade è anche l’obiettivo di vita di un atleta. Sono e siamo orgogliosi di esserci riusciti con questo gruppo, molto unito fin da quando è nato, e siamo orgogliosi anche di quello che abbiamo fatto. Dopo il secondo posto all’Europeo dell’anno scorso siamo stati chiamati a un’altra grande sfida. Bisognava vincere e superando non poche difficoltà abbiamo lottato e vinto. Siamo cresciuti e questa settimana ci farà bene anche a Londra.
Come giudichi questo torneo?
Un torneo di alto livello, che ha rispecchiato i valori. In semifinale sono arrivate Bulgaria, Serbia, Italia e Germania, come ci si aspettava, anche se poi i tedeschi – sulla carta i meno pericolosi delle quattro – hanno fatto la sorpresa di eliminare in semifinale la Bulgaria. Sicuramente i bulgari sono stati la delusione, considerando anche che giocavano in casa. Ma la Germania ha meritato, e solo per poco noi siamo stati i più bravi.
Eppure l’inizio non era stato dei migliori… Avete cambiato qualcosa dopo la Finlandia o dovevate soltanto ingranare?
Credo la seconda. L’impatto non è mai facile, soprattutto per chi come noi arrivava al torneo con grande pressione e responsabilità. Dunque è normale che abbiamo faticato in quella partita: merito anche alla Finlandia, che non è di certo un materasso, e poi da lì siamo cresciuti giorno dopo giorno.
E la finale come è andata?
Tutto bene nei primi due set. Eravamo messi bene ma poi abbiamo subito un po’ il loro gioco, siamo calati in battuta e a muro e siamo andati sotto nel terzo e nel quarto set. Soprattutto nel quarto set siamo calati noi, senza che loro facessero cose straordinarie. Nel quinto invece siamo partiti bene, abbiamo scavato un buon margine con le battute e il muro e abbiamo poi conservato quel gap fino alla fine.
Possiamo dire che battuta e muro sono i nostri punti di forza?
Sì, sicuramente sono i fondamentali di cui più ci fidiamo e su cui più ci affidiamo. Da qui scaturisce anche il nostro metodo di gioco, che impone anche qualche rischio in contrattacco: aggredire il muro avversario, e grazie al nostro muro avere più occasioni per contrattaccare e attaccare più volte in uno scambio. Se vanno bene battuta e muro entriamo in un circolo virtuoso: questa è la nostra benzina.
Ha impressionato tutti il ritorno di Papi…
Sì, tutti tranne noi potremmo dire. Sapevamo chi avevamo in gruppo, il suo valore lo ha dimostrato in tutti questi anni: il suo contributo è stato ottimo sia nello spogliatoio sia in campo, con grande sacrificio e spirito d’adattamento. Io non lo conoscevo benissimo, ma è stato molto bello il modo in cui si è inserito in questo gruppo e il suo innesto è stato assolutamente positivo.
Il rapporto tra voi giocatori e Berruto com’è?
E’ un rapporto davvero straordinario con tutta la squadra, fatto di lealtà, sincerità e grande fiducia. Personalmente ho grande stima nell’uomo Berruto, e questa è la base di tutti i rapporti vincenti. Quando poi riesci a trasferire tutto questo anche in campo credo che hai dei risultati sempre migliori di quanto potresti fare sulla carta. Abbiamo creato una “magia” tra noi giocatori e con tutto lo staff, allenatori, scout-man, fisioterapista, dottore… Tutti hanno contribuito alla causa di questa vittoria, che è di tutto il gruppo.
Ora avrete un mese più tranquillo senza il peso dell’ultimo torneo di qualificazione…
Sì, questa sarà una cosa importante, prima di tutto per staccare un attimo, specie per chi non riesce a farlo da anni. Poi potremo programmare una preparazione anche fisica più mirata su Londra, passando per la World League, che ovviamente non sarà l’obiettivo principale.
Come affronterete allora la World League?
Giocare partite ufficiali è comunque sempre importante, e serve farlo da qui alle Olimpiadi. Semplicemente la priorità va ai Giochi.
Tu, Lasko, Zaytsev, Kovar: una nazionale “multietnica”…
Sì, dai cognomi sì. Però ad esempio io sono nato in Croazia ma dopo 20 giorni ero in Italia. Sono cresciuto qui, ho sempre vissuto qui, ho studiato qui, ho fatto tutto qui… Per gli altri è lo stesso: abbiamo origini straniere ma siamo italiani, e siamo orgogliosi di esserlo come chi è nato a Roma o Milano, e quando indossiamo la maglia azzurra in particolare.
(Mauro Mantegazza)