Signori, la finale di Wimbledon 2012 è servita. Domani sul campo centrale del torneo più prestigioso e affascinante al mondo si sfideranno, per la prima volta all’ultimo atto qui, Roger Federer e Andy Murray. Non poteva essere una finale più suggestiva: da una parta il sei volte campione di Wimbledon, a caccia del titolo numero sette che gli permetterebbe di eguagliare il record di Pete Sampras e raggiungerlo anche per numero di settimane in testa alla classifica mondiale, visto che il trinfo permetterebbe allo svizzero di tornare numero 1 del mondo. Dall’altra parte Andy Murray, lo scozzese che spezza la maledizione britannica dopo 74 anni: era il 1938 quando Henry Austin fu sconfitto dall’americano Don Budge, da allora nessun tennista suddito della Regina è più riuscito a giocarsi una finale in casa. Ci era andato vicino Tim Henman, ma il cannibale Sampras e la pioggia (contro Ivanisevic) gli avevano precluso questa possibilità. Forse per qualcuno la finale c’è già stata, e si è giocata dalle 14 di oggi: Roger Federer, che non centrava le semifinali di Wimbledon dal 2009 (quando vinse il sesto e ultimo titolo), sfidava il numero 1 al mondo Novak Djokovic, grande favorito soprattutto per come si era sbarazzato degli avversari nei turni precedenti, cedendo un solo set a Stepanek. Invece, il Re è risorto sul campo centrale coperto per la pioggia: primo set da insegnante che porta a scuola l’allievo, prima di una resa nel secondo di fronte a un Nole che è salito di colpi giocando da numero uno del mondo quale è. La gara è girata nel terzo set, sul finale: 5-4 Federer senza break, poi lo svizzero ha piazzato il colpo gobbo chiudendo il parziale e prendendo una fiducia che invece ha mollato il serbo, che è andato in confusione cedendo subito il servizio. Da lì, non si è più ripreso, lasciando incontro, finale e probabilmente prima posizione mondiale su un dritto in rete in risposta a una prima di Federer, a cui ha funzionato il servizio dei giorni migliori. Il Re è tornato: questa è casa sua, ed è invitato a un forse definitivo ballo all’ultimo giorno del torneo. Gli amanti della storia ricorderanno, forse, in che modo Sampras vinse il settimo Wimbledon: superando il dolore a un piede, tra mille avversità, quelle che ha patito Federer, quasi eliminato da Bennetau e in sofferenza con Malisse prima di rinascere, come l’Araba Fenice, contro l’avversario più forte. Ora Roger se la vedrà con Andy Murray: nel tardo pomeriggio il campo centrale, ammaliato da un incontro di altissima qualità, si è trasformato in una bolgia da stadio quando lo scozzese ha sparato un dritto in cross che è sibilato vicino alla riga laterale. Tsonga gli aveva recuperato un break di svantaggio nel quarto set e si era pericolosamente avvicinato al 6-5 e servizio dopo aver perso i primi due parziali e vinto il terzo; il giudice di linea, travolto dal ruggito delle tribune, ha chiamato la palla fuori. Murray ha chiesto il challenge e si è visto subito, per come i due giocatori si sono avvicinati alla rete (Tsonga rideva e sembrava dire allo scozzese “Guarda tu come deve finire questa partita”) che il dritto era vincente. L’aveva già capito anche la statua di Fred Perry, ultimo britannico a vincere Wimbledon nel 1936: il falco ha sancito la bontà del colpo, Murray in lacrime si è quasi fatto “confortare” da uno sportivissimo Tsonga, che lo ha idealmente accompagnato verso la possibilità di realizzare un sogno:
Vincere il primo titolo dello slam a casa sua, a Wimbledon, davanti a una folla che gli ultimi eroi locali del Championship li ha visti in qualche foto sbiadita e al massimo ne ha un’immagine come la si può avere dei personaggi della mitologia greca o vichinga, scegliete voi la preferita. Domenica la resa dei conti tra la leggenda e l’apprendista: il pronostico dice Federer, che ha mostrato di aver risolto i problemi alla schiena (“Due buone notti di sonno e sarò a posto”, aveva detto dopo la vittoria con Malisse: è stato di parola) e oggi ha dimostrato di essere ancora chilometri avanti a tutti per tecnica e lettura della partita. Eppure, pur se il popolo di Wimbledon lo adora, stavolta non avrà il conforto degli spettatori, se non quelli del suo box, Mirka in testa, e magari di qualche sparuto svizzero: il centrale sarà tutto per Andy Murray, che sta bene, è in fiducia e, nonstante nelle tre finali di Slam giocate non ha portato a casa un singolo set, sa di avere l’occasione della vita. L’importante è che non pensi di aver già vinto il suo torneo: la folla non glielo permetterebbe. Siamo sicuri che questa sera, e forse anche domani, penserà a Fred Perry, e gli si formerà un’idea in testa: e se dopo 76 anni fosse proprio lui, Andy Murray? Federer è avvisato: questa sarà anche casa sua, ma a volte quando bussano puoi essere costretto ad aprire. Se sarà così, lo sapremo domenica.
(Claudio Franceschini)