La Roma oggi ha subito una pesante batosta oggi contro la Fiorentina: sconfitta 3-0 e ben tre giocatori espulsi (grosso problema anche in vista della prossima, attesissima partita contro la Juventus). Le critiche al famoso “progetto” spagnolo-americano si fanno sempre più forti: si sa che la Capitale non è una piazza molto paziente. Lo stesso Luis Enrique si è dichiarato disponibile a farsi da parte nel caso non avvertisse più la fiducia di società e giocatori, pur precisando che al momento non è così. Abbiamo chiesto un commento sul momento giallorosso e sulla validità del progetto a uno dei più amati personaggi del calcio romano, il mister Carletto Mazzone, che invita tutti ad avere ancora fiducia nell’allenatore spagnolo e ad aspettare la crescita dei giocatori giovani, seguendo l’esempio di Totti e De Rossi. Intervista in esclusiva per IlSussidiario.net.



Mister, cosa pensa di quanto sta succedendo alla Roma?

Ci vuole tempo. Quest’estate è cambiato tutto: nuova società, nuovo allenatore, moltissimi giocatori nuovi, spesso giovani e stranieri. La filosofia calcistica della società è cambiata totalmente, dall’esperienza alla gioventù. Sono tutti bravissimi questi nuovi ragazzi, ma devono ancora completarsi nel fisico e imparare molto dal punto di vista tattico. La pazienza è necessaria, l’esperienza si acquisisce giorno per giorno.



Quindi lei ha ancora fiducia nel progetto?

Certamente. Bisogna andare avanti con Luis Enrique, si sapeva che all’inizio ci sarebbero state delle difficoltà. Anzi, mi sarei meravigliato se fosse andato subito tutto bene, bisogna pagare il pedaggio della crescita dei giocatori e dell’allenatore.

Avanti con Luis Enrique, dunque?

Sì, è un allenatore di ottima prospettiva e sono sicuro che saprà dare alla Roma un ottimo gioco, anche se non totalmente nuovo (lo facevo già io ai tempi di Ascoli). Luis Enrique non sta sbagliando schemi, i giocatori devono solo impararli. Io ci scommetto ancora, il tempo lavora a favore della Roma.



Ma la piazza saprà avere pazienza?

Questo può essere un problema, Roma è una piazza che di pazienza ne ha pochissima, bisogna vincere e basta. Invece i tifosi dovrebbero accettare l’idea che questo è un anno di transizione per costruire la nuova Roma. Cambiare tanto per cambiare non avrebbe senso.

La società come dovrebbe comportarsi secondo lei?

Credo che i dirigenti avessero messo in conto l’inesperienza di tanti, è normale sbagliare, anzi mi meraviglia che molti addetti ai lavori si stupiscano. Pensavano davvero che con sette giovani nuovi titolari e un allenatore giovane e straniero si potesse vincere subito lo scudetto? Hanno fatto un progetto, non si può bloccarlo subito. I ragazzi devono fare esperienza anche fuori dal campo.

Questo ci porta a parlare dell’episodio Osvaldo-Lamela. Lei che idea se ne è fatto?

Ha sbagliato anche Lamela, che doveva avere più rispetto per un giocatore più “anziano”: il rispetto è fondamentale, sempre.

Punizione eccessiva per Osvaldo?

Forse, ma l’episodio è diventato talmente famoso in tutta Italia che era inevitabile che società e allenatore si muovessero in modo esemplare.

Oggi però, oltre alla sconfitta, ci sono state ben tre espulsioni…

Sì, questo ovviamente è eccessivo. I giocatori vogliono strafare e vanno oltre le regole: nell’esperienza che devono fare rientra anche imparare ad affrontare le forti tensioni del calcio italiano. Alcuni errori sono grossolani, ma tutto rientra nel percorso di crescita.

Non si poteva schierare Borriello almeno oggi, vista l’assenza di Osvaldo?

Chi perde ha sempre torto, ma non dipende tutto da un solo giocatore. Torniamo sempre allo stesso punto: i giocatori devono ancora imparare a sfruttare al meglio le loro qualità, dentro e fuori dal campo.

Per questo non sarebbe meglio dare più spazio a Totti e De Rossi?

Su questo sono totalmente d’accordo. Io Totti e De Rossi li farei giocare sempre, e a questi ragazzi direi: seguite Francesco e Daniele anche fuori dal campo, parlate con loro, saranno la vostra guida e un punto di riferimento preziosissimo anche per conoscere la città. Loro due sono necessari perché il progetto funzioni davvero.  

 

(Mauro Mantegazza)