Roma. Fare calcio in una piazza calorosa e passionale come quella di Roma non è affatto facile. In questo senso, la rivoluzione operata dalla gestione americana e dal tecnico giallorosso Luis Enrique è ammirevole. La volontà di creare un progetto che paghi nel tempo e comporti investimenti mirati sui giovani ha comportato un’inevitabile inversione di tendenza rispetto alle ultime stagioni di gestione Sensi, aggrappate ad una grandezza che passava inevitabilmente dai piedi dei pilastri Totti e De Rossi, autentici eredi e superstiti unici (o quasi) della vecchia gestione. Accanto ai buoni propositi però, Luis Enrique e la nuova Roma devono fare i conti con il quotidiano e con dei risultati sportivi che continuano a latitare. Lo stop di Lecce, pesante tanto nella forma quanto nei contenuti, è solo l’ultima fermata all’interno di una stagione costellata dai sali scendi. L’altalena giallorossa ha proposto nelle ultime sei giornate uno score assolutamente simmetrico che, dal derby di ritorno perso contro la Lazio, ha proposto 3 vittorie e 3 sconfitte. Un riassunto quasi perfetto di un’annata indecifrabile. Con questo andamento la Champions appare ovviamente una chimera e la pazienza dell’ambiente giallorosso sembra essere giunta al limite. Per analizzare al meglio la situazione a Trigoria e dintorni, abbiamo contattato un uomo che a lungo ha respirato l’aria capitolina: Carlo Mazzone. L’ex tecnico giallorosso, ha fatto il punto sulle faccende capitoline, con la solita disponibilità e concedendoci quel tempo che, specialmente oggi, si reclama per far crescere i talenti giallorossi ed il tanto invocato “progetto”. Questo quanto emerso nella piacevole intervista rilasciata in esclusiva per IlSussidiario.net.



Che area si respira nell’ambiente Roma dopo la sconfitta di Lecce?

Sicuramente conoscendo l’ambiente non avranno gradito la sconfitta, come è ovvio che sia. Conosciamo bene l’amore di Roma per la propria squadra. La sconfitta di Lecce credo che possa avere aggravato una situazione di gradimento della piazza nei confronti della società.



La sensazione è quella di uno spogliatoio spaccato…

Questo non sta a noi giudicarlo. Inoltre è davvero difficile capire se sia vero o non è vero. Quale tipo di rapporto e dialogo ci possa essere tra giocatori e allenatore. Non è assolutamente facile sbilanciarsi. Io mi auguro di no, per il benessere della squadra e di tutto l’ambiente romano. 

Come si spiega questa mancanza di personalità? Si ripetono continuamente gli stessi errori.

Il tempo gioca a favore dell’organizzazione di squadra. Onestamente bisogna dire che Luis Enrique non ha avuto molto tempo. C’è stata una trasformazione totale, basta pensare a quanto successo in società sino ad arrivare ai giocatori. Abbiamo preso dei giocatori sicuramente bravi ma il loro difetto è la mancanza di esperienza. Bisogna avere pazienza. A Roma la pazienza, almeno parlando di calcio, è un argomento che non conoscono, si vuole vincere tutto e subito. Questo nel calcio è fondamentale. Quando cambi 7/8 giocatori, inserendo calciatori giovani ma bravi, devi concedere del tempo.



L’atteggiamento pacato e passivo di Luis Enrique però non sembra aiutare…

Io non credo che questi ragazzi possano fare meglio con un allenatore più tonico e determinato, che alzi magari il tono di voce. Io credo che l’allenatore sia quello giusto, bisogna solo attendere. Serve pazienza e penso che potendo contare su calciatori di buon livello, presto possano arrivare delle soddisfazioni. Adesso è un momento chiave della stagione, bisogna avere un senso di serenità e tranquillità e non drammatizzare più di tanto la situazione. 

Come si spiega il fatto che senza Totti la squadra è più soggetta ad imbarcate; De Rossi non riesce ancora a reggere la squadra da un punto di vista caratteriale?

Io penso che Totti e De Rossi siano un binomio importante e che magari in due, in un organico numeroso, possano fronteggiare il dialogo e il rapporto. Essere da esempio. Quando però manca anche uno solo dei due, non penso che l’altro possa essere sufficiente. Non è questione di Totti o De Rossi come singoli, ma piuttosto di un binomio che riesce a gestire meglio il dialogo. Sono ovviamente dei punti di riferimento per i nuovi arrivati, poi è ovvio che a qualcuno possa andare più a genio Totti, ad altri De Rossi, ma questo è assolutamente normale.

 

(Massimiliano de Cesare)