(di Claudio Franceschini). Roma.  Genova e la Sampdoria nel destino. A Marassi, contro i blucerchiati, Francesco Totti segnò uno dei gol più belli della sua carriera (e non ne ha fatti pochi) un sinistro incrociato al volo da posizione angolatissima che strappò la standing ovation al pubblico di fede blucerchiata; da Genova contro la banda di Delio Rossi ripartirà il nuovo corso giallorosso, quello del post-Zdenek Zeman, cui è stata fatale la debacle interna contro il Cagliari. La squadra ha giocato contro di lui? Non è dato sapere: bocche cucite a Trigoria, anche se indiscrezioni filtrate dallo spogliatoio hanno raccontato, oltre al pianto disperato di Mauro Goicoechea, di un Daniele De Rossi decisamente contrariato per la sconfitta e per la brutta piega presa dalla stagione, e l’immagine contrasta con quanto si è dipinto fino a qui, ovvero di Capitan Futuro schierato contro il boemo come un moderno giacobino che chiede la testa del Re di Francia. Da domenica si svolta: per il futuro si fanno già diversi nomi, ma intanto il nuovo allenatore sarà Aurelio Andreazzoli, ed ecco dove sta la storia: era il 18 dicembre 2005 (un anno prima di quell’eurogol di Totti), prima stagione di Luciano Spalletti sulla panchina della Roma. I giallorossi venivano da un disastroso anno sportivo che li aveva visti cambiare 5 allenatori (Prandelli, Voeller, Sella, Delneri e infine Bruno Conti); quella domenica pomeriggio andarono a Marassi a giocare contro la Sampdoria, ma erano senza attaccanti: indisponibili Montella, Cassano, Okaka e Nonda, l’unica punta arruolabile era Francesco Totti. Spalletti si inventò il 4-2-3-1: passò alle statistiche come un centrocampo a 5, ma di fatto De Rossi e Tommasi rimanevano bassi a protezione della difesa, Taddei e Perrotta giocavano sulla linea di Aquilani a ridosso di Totti, che in quel freddo pomeriggio di Genova portò in vantaggio la Roma (pareggiò poi Flachi su rigore, e finì 1-1) e iniziò la sua seconda carriera, come attaccante centrale. Fu una svolta: a fine anno i giallorossi furono quinti, ma quella era l’estate di Calciopoli e in aula la classifica si ribaltò. Roma seconda e qualificata in Champions League: da lì in avanti Spalletti avrebbe portato avanti il 4-2-3-1, cambiando interpreti (da Cassano a Vucinic, da Tommasi a Mancini, da Chivu a Juan) ma non filosofia, e raggiungendo con quella squadra risultati ottimi. Ci furono i secondi posti del 2007 e del 2008 (con resa all’ultima giornata), ci furono i quarti di finale di Champions League, arrivarono 



… la Coppa Italia e la Supercoppa Italiana e tanti riconoscimenti per il gioco espresso, tra i migliori in Europa (si facevano paragoni con il Barcellona di Rijkaard e l’Arsenal di Wenger, una squadra giovane che giocava divinamente). L’architetto di quel modulo? Aurelio Andreazzoli, che all’epoca era il tattico di Spalletti. Lo sport racconta spesso storie di questo tipo: a Genova nacque la Roma del futuro, a Genova può nascere il nuovo corso giallorosso, in attesa di scoprire chi sarà l’allenatore del prossimo anno. A guardarla da questo punto di vista il risultato di domenica non è nemmeno la cosa più importante: al Ferraris la Roma è pronta a riscrivere la storia, la sua storia. Si ipotizzano già le varie soluzioni: Pjanic mediano o esterno tra le mezzepunte? De Rossi con BradleyFlorenzi può tornare a fare il terzino? E soprattutto: sarà Totti l’unica punta, oppure la volontà di impiegare Osvaldo costringerà il capitano a fare un passo indietro? Lo scopriremo, ma il titolo di questo esordio si scrive da solo: da Genova a Genova, Aurelio Andreazzoli torna in sella e rispolvera il 4-2-3-1 andato in soffitto con l’esonero di Luciano Spalletti. Sarà un altro capolavoro?



 

(Claudio Franceschini)

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