Si è spento ieri a 94 anni Giulio Andreotti. Politico, scrittore e giornalista, ha ricoperto per ben sette volte la carica di Presidente del Consiglio, per otto volte è stato Ministro della Difesa, cinque Ministro degli Esteri, tre Ministro delle Partecipazioni Statali e ancora due volte Ministro delle Finanze, del Bilancio e dell’Industria. Questo il ritratto dell’Andreotti politico, uno dei principali esponenti della Democrazia Cristiana e probabilmente il più grande protagonista della vita politica del Paese durante la Prima Repubblica; forse però non tutti sanno che l’onorevole Andreotti è stato anche un profondo appassionato di sport. E’ stato infatti presidente del comitato organizzatore delle Olimpiadi di Roma nel 1960, e soprattutto della Roma intesa come squadra di calcio è stato un appassionato e competente tifoso, al punto che nel 2003 gli fu concessa la carica di presidente onorario del Roma Club Montecitorio, fondato proprio in quell’anno. Un club che andava oltre le divergenze politiche, unito nella fede per i colori giallorossi: vi facevano parte onorevoli deputati, giornalisti parlamentari e dipendenti in servizio e in quiescenza della Camera dei deputati. Dalla fondazione del club la carica di presidente, confermata due mesi fa ancora una volta, è stata assegnata all’onorevole Paolo Cento, che in esclusiva a Ilsussidiario.net ha ricordato la figura dell’Andreotti tifoso e appassionato di sport.



Onorevole, che ricordo ha del Giulio Andreotti romanista? Fin dal giorno della fondazione del Roma Club Montecitorio, di cui abbiamo festeggiato il decennale proprio qualche settimana fa, ha accolto con grande entusiasmo e, devo dire, anche con grande dedizione la carica di presidente onorario che il club gli ha offerto. Quella scelta nasceva dalla particolarità del club, composto da molti parlamentari.



Come è nata la scelta di Giulio Andreotti quale presidente onorario? Ci sembrava giusto riconoscere ad altre figure un ruolo importante anche se non importante. La Roma univa ciò che la politica divideva; questo capita anche oggi. In questi dieci anni il presidente Andreotti è stato sempre il primo a rinnovare la tessera di socio del Roma Club Montecitorio e a trovare le forme per essere presente a tutte le attività del club. C’è un episodio significativo a testimonianza di ciò.

Quale? Proprio ieri ho ripescato la lettera che il 23 aprile, quindi pochi giorni fa, Andreotti aveva inviato per scusarsi del fatto che, a causa delle sue condizioni già precarie, non poteva essere presente alla cena sociale del Roma Club Montecitorio, alla festa per il decennale; ma ci teneva a scusarsi, e nonostante fosse ormai al termine della sua vita aveva trovato la forza e il tempo di scriverci per salutare tutti i soci del club. 



Un aneddoto che fa capire tante cose… Sì, e che ora naturalmente assume tanti significati. Fa capire della passione che Giulio Andreotti aveva per la Roma: autentica, non come spesso accade oggi con i tifosi VIP che quando si vince si fanno vedere per avere visibilità; no, lui era un tifoso vero, da tempi non sospetti. La sua presenza però era sempre discreta: mai invadente. Parlare con lui della Roma faceva scorrere velocemente il tempo, e faceva venire meno le divergenze politiche tra me e lui. Ricordo un episodio particolare…

Prego. Gli consegnammo nel suo studio la tessera onoraria di presidente del Roma Club Montecitorio: nonostante le diatribe politiche di quegli anni, fummo accolti con gioia e parlammo di Roma in maniera assolutamente spontanea. 

Era un tifoso competente? Assolutamente: seguiva e si informava, non era il tifoso del risultato ma seguiva le vicende tecniche e i giocatori. C’è questa diceria sul suo intervento a bloccare il passaggio di Falcao all’Inter…

Appunto: quanto c’è di vero? 

Credo che molto sia leggenda: lui rispettava molto il calcio come passione, come ho detto non era invadente. Però, era molto competente: la sua ammirazione per giocatori come Falcao, Conti e Pruzzo è l’ammirazione di chi conosce la materia e non è semplicemente interessato al risultato. 

Si narra anche di un presunto “intervento” nello scudetto vinto dalla Roma nel 1983… All’epoca ero un giovanissimo, accanito tifoso: ero a Genova nella partita decisiva in cui la Roma con un pareggio si consacrò campione d’Italia… credo che ci fosse solo la passione del tifoso, se c’è una cosa di cui la Roma non ha beneficiato dal tifo di Andreotti è il rapporto con il potere.

Come mai? E’ vero che arrivò uno scudetto, ma gli anni Ottanta furono gli anni in cui almeno uno scudetto, quello del gol di Turone, fu sottratto ai giallorossi per un’interpretazione arbitraria, diciamo così: è letteratura calcistica, non solo tifo. La Roma non godette del potere politico, che a Roma non si è mai fatto sentire abbastanza come in altre città. Non dimentichiamo una cosa.

Quale? Dopo Dino Viola e la breve parentesi Ciarrapico è arrivato Franco Sensi, che ha fatto della lotta al potere calcistico del Nord una bandiera. Su questo, la Roma non ha tratto giovamento dal fatto che Andreotti fosse un uomo di potere. E’ un modo per riconoscere la passione del presidente, che almeno quando vestiva i panni del tifoso si lasciava dietro il suo armamentario di potere. Di questo noi romanisti siamo contenti, perchè teniamo all’Andreotti tifoso.

Quello politico invece? Come dicevo ieri in un commento, si porta dietro tutte le ombre della Prima Repubblica.

 

(Claudio Franceschini)