, sede del ritiro giallorosso, tappezzata di manifesti che inveiscono contro il nuovo logo della squadra. Spieghiamo bene il problema, che per qualcuno potrebbe sembrare banale, ma che nella Capitale ha scatenato reazioni da suicidio di massa. I famigerati americani avrebbero tolto dallo stemma la scritta “ASR” sostituendola con “”. Il motivo è semplice, forse lo è persino troppo: fuori dal raccordo anulare, nessuno (neanche il sottoscritto) sa dire che significa “” mentre tutti conoscono “Roma”. Ieri, poi, durante la prima conferenza stampa di Rudi Garcia un tifoso ha interrotto il mister urlando: “Non capisci un c….”. Cosa mai vista, fino ad oggi. E ancora. Durante gli allenamenti, i pochi tifosi presenti a Riscone hanno esposto striscioni contro il nuovo logo (ancora!), contro la proprietà, e apostrofato con epiteti poco carini tutti i giocatori (Totti escluso). La polizia locale si è premurata di rafforzare il servizio di sicurezza intorno alla squadra. Ma mi chiedo: che senso ha spendere tanti soldi e fare 800km di strada per andare a insultare 24 ore al giorno i propri beniamini? Stessa domanda che mi è venuta osservando il giorno del raduno a Trigoria un bambino (avrà avuto 7-8 anni) che si scagliava insieme ad un adulto(?), forse il padre, contro le macchine dei giocatori, balbettando frasi poco carine. Quando quel bambino compirà 17 anni, che farà? Lancerà bombe carta fuori dallo stadio? Non ci si stupisce, purtroppo, se si ha la sventura di ascoltare una delle otto radio romane che tutti i giorni, per tutto il giorno, parlano della Roma. Che ci sarà da dire ogni secondo, di tanto originale e sensato? Nulla, è una forma maniacale e morbosa di tifo che per qualcuno (che parla tanto di passione) è solamente un business. E infatti si ascoltano insulti a dirigenti e calciatori. Dibattiti a senso unico sul calciomercato: se un giocatore è inseguito dalla Roma è scarso. Se però, un secondo dopo, qualcun altro, che non sia la Roma, lo compra diventa fortissimo. Tutto questo col calcio, e con lo sport in generale, non ha nulla a che vedere. Ci stanno gli sfottò, i fischi a fine gara, qualche imprecazione al bar il lunedì mattina o in ufficio coi colleghi. C’è la delusione per le ultime 4 stagioni calcisticamente disastrose. Ma non se ne esce ammazzando in culla quello che di nuovo sta per nascere. Nutro ancora troppa fiducia nel genere umano per pensare che queste contestazioni siano un motto naturale. Cento, duecento, facciamo pure 400 persone, non sono tutti i tifosi della Roma. Quelli fuori da Trigoria, quelli che attaccchinano manifesti e striscioni a Roma come a Brunico, i contestatori sui monti sono “manifestanti” di professioni, prezzolati, gente disperata che per 50 euro farebbe di tutto o forse laziali, per dirla come Garcia. A ben vedere non è neppure con loro che ce la si deve prendere. Piuttosto occorre domandarsi quali interessi li muovono. Chi c’è dietro queste persone? Forse qualcuno (romano) che vuole ri-prendersi la Roma a prezzo da saldi? Certo è che sti americani non piacciono proprio: non “pagano” le radio romaniste e i giornalisti romani, non regalano biglietti omaggio ai politici de Roma, pronunciano certe “parolacce” come marketing e business. A noi invece piacciono da morire. C’è solo da sperare che Pallotta e soci se ne freghino e vadano avanti per la loro strada. Che “spengano” ste benedette radio. Consiglio che ci sentiamo di estendere a tutti i “veri” tifosi romanisti.