Chiunque abbia mai giocato al Fantacalcio, quello fatto tra amici con una lega propria e un campionato creato nel gruppo, sa bene che uno dei momenti più belli della stagione è quello dell’asta. Siete i presidenti della vostra squadra, avete a disposizione un certo budget e con quello potete comprare chi volete, al netto degli avversari che possono rilanciare. E’ una bella soddisfazione quando si riesce a strappare il top player al termine, ma è anche interessante provare la scommessa, cercare di “far esplodere” il giocatore pagato poco. Ecco: a Parigi, questo secondo concetto sembrano non conoscerlo. Diciamola tutta: la vicenda Marquinhos ha lasciato un po’ di amaro in bocca. La Roma trova un giovanissimo difensore, lo paga una miseria, lo fa esordire in serie A e scopre che è un centrale validissimo, un potenziale top player e pronto già adesso. Termina la stagione, ed ecco arrivare lo sceicco di turno che se lo porta via a peso d’oro. Certo: da una parte i giallorossi hanno realizzato una clamorosa plusvalenza, e anche questo conta nel calcio di oggi. Dall’altra parte, c’è un che di cinismo per come sono andate le cose, è come se a un certo punto il piccolo avesse capito che prima o poi sarebbe arrivato un grande a interrompere il giochino. Perchè adesso è così: hai voglia a scoprire talenti e lanciare giovani, hai voglia a parlare di progetto a lungo termine. Quasi quasi bisogna stare attenti a non coltivare i top player, altrimenti la cessione è inevitabile. Di che calciomercato parliamo se Hulk viene venduto al Monaco per 60 milioni di euro, o se un giovanissimo terzino sinistro che gioca nell’Under 20 del suo Paese costa 15 milioni? Ma il punto non è nemmeno questo: alla fine, se uno ha i soldi li usi come vuole. Non si guarda nelle tasche di nessuno, nè tocca a noi fare la morale su prezzi e clausole rescissorie mostruose. A proposito di questo: Nasser Al-Khelaifi è uno cui spendere per il PSG piace assai, ma quando gli si tocca un suo giocatore fa il diavolo a quattro. Un esempio? Il Barcellona vuole Thiago Silva e non molla la presa, così lui ha fatto la voce grossa: “Se vogliono pagare la clausola rescissoria e prenderselo facciano pure; io pagherò quella di Messi”. Che, per la cronaca, ammonta a 250 milioni di euro. Un salasso anche per lo sceicco, che pure quei soldi potrebbe metterli sul piatto.



Eccoci al punto, allora: in una squadra con Cavani, Ibrahimovic, Lavezzi, Menez, Lucas, Pastore, davvero serve Messi? Qualcuno potrà ribattere: Messi serve sempre. Siamo d’accordo, ma poi non ci si lamenti se in Europa non si riesce a vincere perchè magari la difesa è debole o, peggio, la squadra non è bilanciata. Lo insegna il Real Madrid dei primi anni Duemila: per anni ha investito fior di milioni di euro per comprarsi campionissimi, per sei stagioni consecutive è stato eliminato agli ottavi di Champions League anche da formazioni modeste (il Lione per esempio, o il Monaco nei quarti del 2004) e costruite con forse un quinto del budget. Per contro, la Champions League l’ha vinta il Bayern Monaco con Lahm, Kroos, Muller, Schweinsteiger cresciuti in casa, Alaba preso a 16 anni, Robben e Ribery costati insieme meno di quanto il Monaco pagherà Hulk. Lo stesso Borussia Dortmund dello scorso anno aveva in squadra giocatori del vivaio o pagati pochissimo e ha vinto campionati trovando Kagawa a 350.000 euro in Giappone. Dunque, Messi sarà anche stratosferico, ma non significa vittoria automatica: per due stagioni Messi a Barcellona c’è stato, eppure i blaugrana sono riusciti a terminare una Liga dietro addirittura il Villarreal. In più, diciamola tutta: davvero Al-Khelaifi pensa di poter riuscire a strappare Messi al Camp Nou solo presentando i soldi? Parafrasando una famosa pubblicità, ci sono cose che si possono comprare, ma qui il finale della frase è che altre, semplicemente, non sono in vendita. Una di queste è la Pulce, che se mai abbandonerà Barcellona lo farà per sua volontà e non certo domani. Ecco perchè la vicenda Marquinhos è triste: perchè domani questo ragazzino che gioca benissimo e oggi sembra il top player dei difensori potrebbe finire nel dimenticatoio per la voglia di comprare il nuovo talento. E non è una questione di soldi: è una questione di saper costruire. 



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