“Dai diamanti non nasce niente, dal letame nascono i fior“. Così cantava Fabrizio De Andrè nella sua Via del Campo, registrata a fine anni 60′: la parabola delle due squadre di Roma negli ultimi mesi riscopre il distico, in particolare nel giorno in cui la Lupa saluta Radja Nainggolan, fiore del calciomercato nostrano. Tasto REW: il 26 maggio lo stadio Olimpico ha distribuito i carichi, assegnando il diamante della Coppa Italia alla Lazio ed affogando la Roma in un letamaio di dubbi fumante di rabbia. Tasto FW fino ai giorni nostri ed ecco che tutto è cambiato: la legione giallorossa ha trovato il suo condottiero barbaro, Rudi Garcia, che sta sanando le piaghe dell’impero americano; l’armata di Lotito ha invece da poco licenziato il suo, Vladimir Petkovic, ex eroe di guerra distratto da sirene svizzere. Senza nulla togliere al successo della Lazio, di cui i tifosi potranno sempre fregiarsi in faccia ai cugini, fa specie pensare come quel giorno abbia ribaltato i destini delle due società. La Lazio ha esposto il diamante in bacheca e proseguito alla stessa andatura, rinsaldando l’ossatura di base con acquisti ancora perlopiù inespressi; la Roma ha saputo seminare il suo letamaio, restaurandosi meglio anche perché più consapevole dei propri limiti, messi a nudo dal ko stracittadino. Lo stesso Walter Sabatini lo ha ammesso, in una conferenza stampa di fine estate: quella sconfitta lo ha costretto a rivedere le priorità, alzando l’asticella degli innesti. Così, e con l’impegno economico di Pallotta, si è arrivati da Piris a Maicon, passando per la tentazione Wallace, da Tachtsidis a Strootman, da Marquinhos a Benatia e da Goicoechea a De Sanctis. Fino a Nainggolan e a Leandro Paredes, perché in fondo si resta sempre sè stessi e, nel caso di Sabatini, tendenti alla scommessa sudamericana. Il centrocampista belga indosserà la maglia numero 44: con un (bel pò) d’ironia poteva scegliere il 71, perché in fondo è in quel minuto che è cambiato tutto. La lezione del 26 maggio 2013 si rinfresca di significato ogni domenica che passa, mentre…
…la Roma si misura con la super-Juve e la Lazio s’arrabatta a metà classifica, senza potersi porre obiettivi se non quello generico di ‘risalire’, vivendo alla giornata e sperando che quelle sopra inciampino. E’ quello che ha insegnato l’Inter del Triplete: la sbornia del successo non deve annebbiare la vista ma sollecitare una rapida (e all’occorrenza malinconica) riprogrammazione, di modo da non restare prigionieri del passato a discapito del presente. Non è facile, perchè la tentazione di sentirsi a posto è sempre in agguato, ma nemmeno impossibile. E’ vero d’altra parte che la Roma di Garcia non ha vinto niente, ma non si può dire che niente abbia in mano: sette mesi dopo la disfatta di coppa ha vinto un allenatore, il record di vittorie di fila ad inizio Serie A (10) e il giocatore più conteso dell’ultimo anno solare. Fiori da un campo di letame: sbocceranno? La primavera è tempo di primi verdetti, a lei qualche risposta in più.
(Carlo Necchi)