Anche Giovanni Trapattoni ha parlato di sudditanza. Anche lui ha tirato in ballo l’argomento già chiacchierato da Morgan De Sanctis, in riferimento alle polemiche di Juventus-Roma. Il Trap, ai microfoni di Radio Kiss Kiss, ha parlato di quello che è stato il suo periodo da allenatore dei bianconeri: un decennio in cui ha vinto tutto. “La sudditanza? Io cercavo di dire ai mie giocatori di non trovare scuse e non adagiarsi; ma la sudditanza c’è sempre stata, anche quando io allenavo a Torino mi succedeva. E’ sempre così con la squadra che vince; l’arbitro può avere un sottile filo di preferenza, per esempio a volte evitava di ammonirmi quando mi agitavo in panchina”. Dopo De Sanctis, dunque, anche Trapattoni tira in ballo la sudditanza psicologica nei confronti della più forte; certo niente a che vedere con il grande rischio di una nuova Calciopoli, parola tornata a circolare oggi per bocca di Erick Thohir (senza però riferimenti diretti o specifici). 



Si gioca ancora, almeno nelle parole. Inevitabile: la grande rivalità andata in scena nella scorsa stagione si è prolungata a quella in corso e due settimane fa è sfociata nello scontro diretto di Torino, andato come tutti sappiamo. Cioè con la vittoria bianconera, e con un codazzo di polemiche infinite per l’operato di Gianluca Rocchi. A parlare oggi è Morgan De Sanctis, che sulla Gazzetta dello Sport è tornato su alcuni degli episodi del 5 ottobre scorso: “Ho ancora in mente il flash dopo il primo rigore per il fallo di mano di Maicon e dopo il gol di Totti: assurdo che quattro o cinque calciatori della Juventus debbano andare a protestare da Rocchi, che è bravissimo”. Un esempio per andare poi nel generale: “Prima di Calciopoli la classe arbitrale era poco libera, oggi lo è e quindi bisogna concedergli l’errore Non parlo di solidità intellettuale, ma purtroppo il sistema italiano si muove sulla base di leggi non scritte nelle quali il potente ha sempre ragione e gli si può concedere di tutto”. E torna quindi la parola sudditanza: “Esiste a livello psicologico” continua De Sanctis, che fa notare – avendo avuto un passato nell’Udinese – come in certe piazze si debbano accettare cose che “non ti sorprendono”, mentre in altre, ad esempio Napoli e Roma, si verificano meno. “Sulla Juventus bisogna valutare in termini generali: tutto quello che ha vinto in Italia non è proporzionale a quello che ha vinto all’estero, è qualcosa che fa riflettere”. Poi il portiere della Roma alza il tiro, riprendendo il motto bianconero: vincere non è importante, è l’unica cosa che conta: “Dovrebbero aggiungere ‘e non ci interessa tanto come’. Non sto parlando di furti, dico solo che dovrebbero ammettere di essere stati fortunati e non trincerarsi dietro la tesi dell’accerchiamento”. A proposito: c’è anche una stoccata al collega ed ex compagno di Nazionale Gigi Buffon, che aveva fatto notare come lui non avesse mai inveito nelle sconfitte. “Evidentemente io e Gigi stiamo diventando anziani e forse stiamo perdendo la memoria. Lui in carriera ha avuto molte più vittorie che delusioni; gli juventini sbagliano a sentirsi perseguitati. Sono uguali agli altri, si comportano allo stesso modo degli altri; l’unica differenza è che vincono spesso in Italia”. Conclusione: “Posso certamente insegnare a Buffon come si perde, ma spero un giorno di insegnargli anche come si vince. Juventus-Roma non è finita qui.



(Claudio Franceschini)

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