Roma-Bayern Monaco 1-7 e si è già detto tutto o quasi. Come si dice in questi casi è cosa buona e giusta dimenticare in fretta, cercando di individuare i punti di ripartenza. Anzittutto una verità suggerita dal pensiero popolare: meglio perdere una partita 7-1 che sette per 1-0. A maggior ragione in un girone di Champions League che vede la Roma ancora pienamente in corsa per la qualificazione agli ottavi; il Manchester City si è fatto recuperare dal CSKA (post scriptum per il ritorno: in Russia, i russi sono un’altra cosa) restando in terza posizione, la stessa squadra moscovita non sembra superiore alla Roma nei suoi valori complessivi, come dimostrato dal 5-1 della prima giornata. Nel mare alto della goleada subita non bisogna dimenticare l’orizzonte, la qualificazione agli ottavi di finale che resta accessibile. La batosta contro il Bayern colpisce nella sua rotondità ma rimane -anche se di poco- nel campo dell’umanamente comprensibile, scremata dalle pur giuste incazzature per i tifosi della Roma o delusioni per i calciofili in generale. Non ci sono sei gol tra Roma e Bayern Monaco ma considerando anche qualche assenza in più da una parte (Maicon, Castan, Keita, Strootman) e il gap mentale progressivamente più ampio dall’altra, la sconfitta raccoglie le sue spiegazioni. Rudi Garcia è un ottimo allenatore, i giocatori sono forti e sapranno ripartire fin dalla Sampdoria, prossimo ostacolo di campionato. C’è anche un precedente che può essergli d’aiuto, o quantomeno di conforto perché paragonare situazioni anagraficamente diverse può non portare a nulla. Torniamo indietro di qualche Champions, alla stagione 2009-2010 e in particolare al 24 novembre 2009: anche in quel caso una squadra di Guardiola strapazzò un’italiana ridimensionandone, almeno a livello mediatico, le prospettive europee. Al Camp Nou il Barcellona battè l’Inter di José Mourinho così come il Bayern ha sconfitto la Roma cinque anni dopo. Fatte le dovute proporzioni (il punteggio ad esempio fu più striminzito, 2-0) ma con la medesima modalità: una lezione di calcio nel primo tempo. Il Barça proibì la palla ai nerazzurri nei primi 45 minuti, il Bayern è stato meno incantevole ma terribilmente pragmatico, dimostrando una volta di più l’evoluzione del suo allenatore: da accanito persecutore di un calcio barocco a fautore di un’arte anche più spiccia, ma sempre imponente. Il ricordo però prosegue fino al 20 aprile 2010, quando la stessa Inter scavalcò lo stesso Barcellona nella doppia semifinale: 3-1 a Milano, 0-1 stoico in Catalogna. Tutto questo non significa che la Roma esce a testa alta dal confronto con il Bayern, ma che probabilmente avrà ancora un’occasione per farsi trovare pronta. Oggi i giallorossi hanno perso una buona chance per affermarsi, ma non l’opportunità della vita. Per quella c’è ancora tempo.



(Carlo Necchi).

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