Laura Gotti è passata in breve tempo dal vivere un sogno ad un incubo. La vicenda della 27enne maratoneta di Cremignane di Iseo, provincia di Brescia (Lombardia), viene raccontata stamattina dal Corriere della Sera. La classe 1991, come detto in apertura, è passata in pochi mesi dall’essere una sconosciuta dell’atletica, ad una celebrità della maratona. Lo scorso aprile registrò infatti un exploit clamoroso alla Maratona di Milano, che gli permise di prendere parte ai campionati europei di Berlino del successivo 12 agosto. Peccato però che il sogno della parrucchiera bresciana, divenuto realtà, si sia tramutato ben preso in un incubo. Prima della partecipazione al torneo continentale, la Gotti si ruppe infatti il bacino, una frattura da stress, ma per lo staff della nazionale italiana si trattava semplicemente di un’infiammazione. L’atleta venne quindi curata con un’infiltrazione, e la stessa poté correre la maratona (con grande fatica), contribuendo all’argento della squadra italiana (assieme a Catherine Bertone, Sara Dossena e Fatna Maraoui). Tornata in Italia, iniziarono i guai: una settimana dopo il rientro venne infatti ricoverata in Poliambulanza e quindi il trasferimento d’urgenza presso il Civile.
LAURA GOTTI FA CAUSA ALLA FIDAL
I medici le riscontrarono un blocco renale, che costrinsero la stessa alla dialisi. La Gotti ha così deciso di intraprendere un’azione legale nei confronti della Fidal, la federazione italiana di atletica leggera, visto che, stando agli avvocati della stessa atleta, i medici azzurri avrebbero sottovalutato il problema della loro cliente, mettendo quindi a repentaglio la vita della stessa. Per ora la federazione non ha voluto replicare sulla questione, ma sicuramente il caso dovrà essere trattato con una certa delicatezza. La conclusione amara di una vicenda che sembrava quasi una favola, con la stessa Gotti che ad aprile, dopo il grande exploit meneghino, raccontava entusiasta: «Mi alleno anche due-tre volte al giorno, alle cinque del mattino, in pausa pranzo e spesso la sera, mentre una volta alla settimana lavoro in palestra con il mio fisioterapista Paolo Mazza. Una faticaccia, ma non voglio rinunciare né al mio lavoro né tanto meno a questo sport».