Gli piace giocare a backgammon, ma la più grande passione del figlio di Michael Schumacher restano i motori. Ha anche il sorriso del padre, oltre all’addetta stampa del campione tedesco, Sabine Kehm, che fa anche le veci di mamma Corinna quando non è a casa. Ma Mick sta crescendo con il coraggio di affrontare il dramma del padre e intraprenderne la stessa strada. Ne ha parlato nell’intervista rilasciata alla Gazzetta dello Sport, ammettendo che non può che essere il grande Michael la sua fonte di ispirazione. «È il migliore e lo resterà sempre. Potermi paragonare a lui in qualche maniera è fantastico. E allo stesso tempo è bellissimo fare parte di questa grande storia e osservare come si sta sviluppando». Suo padre una volta lo prese da parte e gli chiese se voleva correre per gioco o farlo in maniera professionale. La risposta fu che voleva fare sul serio, infatti l’obiettivo di Mick Schumacher è arrivare in Formula 1. «Sarebbe stupendo se succedesse già alla fine del prossimo anno, ma prima bisognerà vedere come andrà il 2019. La F2 è l’anticamera della massima serie, il livello è molto alto e pure gli ostacoli da superare».



MICK SCHUMACHER E LA LEZIONE DEL PADRE MICHAEL

I motori sono una passione di famiglia per i Schumacher. Anche il cugino di Mick, figlio di Ralf, corre in auto. E chissà se riusciremo a vederli sfidarsi come hanno fatto i loro genitori. «Ognuno segue la sua strada. Se ci arrivassimo tutti e due, come i nostri genitori, sarebbe bello», ha dichiarato il figlio di Michael Schumacher alla Gazzetta dello Sport. Al quotidiano sportivo ha parlato anche della più grande lezione che gli ha dato suo padre: «Lavorare con la squadra, e farlo come se fosse una famiglia: bisogna avere fiducia gli uni negli altri al 100%». E infatti è dal 2016 è nella Prema, dove ha trovato una realtà unita. Negli ultimi tempi però sta imparando a convivere con l’attenzione della gente e dei media, non più focalizzata solo su suo padre. «È sempre stata parte della mia vita e di quella della mia famiglia. Perciò è diventato normale. Crescendo, ho avuto il tempo per abituarmi».

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