C’è un aneddoto legato a Romeo+Giulietta, immaginifico film di Baz Luhrmann che – non è poi una pratica troppo esclusiva – traspone il dramma di William Shakespeare ai giorni nostri, prendendo a prestito il nome della città di Verona per poi affiancargli un “Beach” e farlo diventare un decadente sobborgo di Los Angeles. Si narra (per modo di dire: la storia è confermata e nota) che ai Radiohead fu chiesto di comporre una canzone per la colonna sonora del film – Exit Music (for a film), che però per scelta della band non compare nella pellicola – e che Thom Yorke, cantante e leader del gruppo, abbia così commentato: “Ho sempre voluto che Romeo e Giulietta alla fine ce la facessero, ma scrivendo la canzone ho capito che forse sono destinati a fallire”. Però poi li fa idealmente riunire nell’eternità, con quell'”everlasting peace” finale che dice tutto, o quasi. E’ tutto qui: qualcuno ha anche pensato che Yorke abbia davvero concesso la salvezza su questa terra ai due innamorati, si dice che sulle note che precedono l’esplosione ci siano dei gabbiani in sottofondo. Hanno raggiunto il mare, si mormora. Pare di no. Prendiamo spunto da qui per raccontare quella che è stata la cavalcata della Cimberio Varese, infrantasi all’ultimo atto contro il Montepaschi Siena. Perchè a ben guardare davvero la storia sembra simile a quella di Montecchi e Capuleti, quella moderna alla Radiohead però, con il tentativo di lieto fine che non arriva. Varese è in testa al campionato: si è presentata al Forum di Assago sapendo di avere delle responsabilità che non aveva fino al giorno prima. Quando sei testa di serie numero uno del tabellone non ti puoi nascondere; spazzata via Milano, che tutti davano per favorita poichè giocava in casa, si era rifatta il trucco, era in striscia positiva e aveva (ha) un roster solo da invidiare, la Cimberio ha sentito tutto il peso di dover vincere nella semifinale contro Roma. Frank Vitucci, meraviglioso condottiero del gruppo, non ha mai fatto mistero di sentirsi un outsider, ma un outsider che “se è qui da numero uno un motivo ci sarà”. Aveva ragione, e lo dimostra anche la finale contro Siena. Perchè chiunque, partito nei primi cinque minuti, avrebbe buttato lì la partita. Chiunque che non fosse la Varese di oggi si sarebbe arreso: quella è Siena, è ancora la più forte. Non Varese. Che esattamente come il Romeo dei Radiohead ha provato a cambiarla davvero, la storia. E’ rimasta lì, ha lottato, ha mangiato punti contro tutto e contro tutti, addirittura contro se stessa, perchè Banks e Polonara ieri sera non si sono presentati in campo. Quando sembrava che non fosse possibile prendersi la Coppa, ecco il guizzo finale di Mike Green, sempre lui (che però fino a lì era stato semidisastroso) che con 12 punti nel quarto finale ha guidato la rimonta. Varese a un certo punto ha visto il mare contro ogni pronostico: tre punti di svantaggio. E qui ci si è messo l’imponderabile della storia, il cattivo del dramma:
Lungi da noi dire che Siena abbia vinto grazie agli arbitri, perchè il Montepaschi rimane una squadra fantastica che ha meritato sul campo ogni singolo successo che ha preso in questi anni. Però, gli arbitri ieri sera ci hanno messo del loro: vero che spesso e volentieri nel basket (concetto difficile da spiegare) i fischi seguono un po’ il trend e l’inerzia delle partite, ma certe decisioni (soprattutto un’infrazione di passi di Talts) restano quantomeno dubbi. Tuttavia la Cimberio ha perso perchè non ha saputo trovare contromisure alle zone feroci di Siena, e perchè ha pagato l’inesperienza di trovarsi qui per la prima volta. Resta il concetto iniziale: Varese ha provato a cambiare una storia già scritta dal principio, e ha fallito. Il Forum era per metà biancorosso (per geografia, la cosa era scontata), i tifosi sognavano il ritorno di una Coppa che non arrivava dai tempi di Nikolic, Morse e Meneghin padre: niente da fare. Però, ed ecco che torna quella storiella di Thom Yorke, il finale si può provare a riscriverlo comunque. Nel andò così, lo ricorderà bene il popolo delle Prealpi: Varese arrivò da outsider alla finale di Coppa Italia, la perse contro la più forte (allora la Virtus Bologna) ma a maggio si laureò campione d’Italia. E’ presto per dirlo, e si facciano tutti gli scongiuri del caso; ma se la storia – e i drammi – ci insegnano qualcosa, è che a volte ritornano. Anche le favole.
(Claudio Franceschini)