Per la quinta volta consecutiva la Mens Sana Siena conquista la Coppa Italia. E’ una scena alla quale siamo abituati: cambiano gli interpreti, cambia la guida tecnica (per la prima volta Luca Banchi da capo allenatore) ma alla fine sul parquet restano i coriandoli biancoverdi e i trofei vengono sollevati dal Montepaschi. L’ha sperimentato anche la nuova e ruspante Cimberio Varese, presentatasi al Forum di Assago forte del primo posto nella classifica del campionato e con 6.000 tifosi al seguito nell’ultimo atto (un record). I ragazzi di Frank Vitucci però sono partiti con un terrificante 0-18, hanno provato a rientrare un paio di volte, si sono anche trovati a cinque punti di distanza e la palla in mano per riaprire tutto il discorso, ma la difesa di Siena e – va detto – qualche fischio discutibile hanno fatto la differenza. Per il Montepaschi non termina l’abitudine alla vittoria, ma Varese ha fatto capire a tutti che con qualche ritocco si può sognare in grande perchè il gruppo c’è. Sono state delle Final Eight in cui suspense ed emozioni non sono mancate; tutte le partite sono state combattute (fa eccezione forse solo il quarto di finale tra Varese e Milano) e questo non può che essere un bene per il nostro basket, che adesso si appresta a regalarci la seconda parte di stagione di Lega A (si sono già giocate tre giornate nel girone di ritorno). Per un commento su queste Final Eight di Coppa Italia, abbiamo sentito Niccolò Trigari, voce ufficiale della manifestazione per Sportitalia. Ecco le sue parole, in questa intervista esclusiva rilasciata a Ilsussidiario.net.
Potevamo aspettarci un’altra vittoria per Siena? Era una delle favorite; a mio modo di vedere poteva non essere considerata una delle principali vista la presenza di Milano e il primo posto di Varese. Non è però una sorpresa che abbia vinto, considerato quello che ha fatto fuori dai confini italiani in questa prima parte della stagione.
Ha contato la maggior esperienza dei toscani rispetto a Varese? Può essere che l’esperienza abbia recitato un ruolo, ma quella di squadra più che dei singoli giocatori: anche nella Mens Sana non erano troppo abituati a partire del genere, visto che Moss è l’unico rimasto dalla gestione Pianigiani tra quelli che hanno giocato la finale.
Quindi è stato più un fattore dirigenziale? Sì, la differenza sta nell’esperienza di società e allenatore, perchè Luca Banchi era più abituato a gestire partite del genere, peraltro da assistente allenatore. Sicuramente Siena ha avuto un approccio da squadra migliore: ha stritolato da subito l’avversario ed è riuscita a mettere la partita su un binario dal quale poi non si è più scostata.
Tatticamente Varese ha sofferto troppo la zona di Siena? Consideriamo intanto che Siena ha retto molto bene nell’uno contro uno: oltre al solito Moss che ormai non fa più notizia, Janning ha giocato delle Final Eight straordinarie e lo stesso vale per Hackett.
La chiave è dunque stata questa? Diciamo che l’intensità della zona di Siena mette sempre in difficoltà un po’ tutti, e va ricordato che in queste finali non c’è praticamente stato Ress, che questa zona la gestisce con i risultati migliori; la Mens Sana non ne ha risentito più di tanto. Io immagino che Vitucci avesse preparato la partita sapendo che avrebbe visto molta zona, però poi ci sono gli interpreti sul campo ed eseguire il piano partita è molto più complesso.
Questa Siena può aprire, per la terza volta, un nuovo ciclo? E’ difficile dirlo: è inevitabile dover fare considerazioni sul il legame con lo sponsor e quello che sarà il budget per i prossimi anni. Negli anni passati Siena è stata bravissima a mantenere la struttura della squadra per diverse stagioni; più si va avanti con gli anni e più si ha l’impressione che sarà sempre più difficile. Fare pronostici è impossibile ma penso una cosa.
Quale?
Sicuramente il Montepaschi potrà togliersi altre soddisfazioni da qui alla fine del campionato; questa è una battaglia prestigiosa vinta, ma ovviamente la più importante è ancora distante e credo che le altre squadre faranno di tutto per arrivare preparate.
In questo senso, come esce Varese da queste Final Eight? Nel 1999 perse la finale di Coppa Italia ma vinse lo scudetto… Quella era una squadra profondamente diversa, con molta più esperienza; questa è una squadra molto giovane che sicuramente ha fatto qualcosa di straordinario nella prima parte della stagione e ha evidenti margini di miglioramento. Il punto sarà capire se riuscirà a avvicinarsi ai playoff con uno stato mentale diverso rispetto a quello fatto vedere.
Resta però una squadra competitiva? A mio modo di vedere ha grandi potenzialità, è molto profonda e lo diventerà molto di più nelle prossime settimane; ha tante armi offensive e può essere molto solida difensivamente. Ieri ha steccato la partita sin dall’inizio, sia mentalmente come approccio che a livello tecnico-tattico, ma non escludo che da qui ai playoff possa cambiare questi fattori ed essere la principale candidata al titolo.
In generale possiamo ritenerci soddisfatti del gioco visto alle Final Eight? Sono state partite divertenti, quasi tutte sono state tirate, anche quelle non iniziate nel segno dell’equilibrio hanno regalato emozioni; basti pensare alla rimonta di Cantù contro Roma o proprio a quella di Varese contro Siena. Per contro c’è da dire un’altra cosa.
Ovvero? Il livello del basket italiano in questo momento non è altissimo, ma molte squadre praticano un gioco veloce e molto spesso gradevole. Possiamo e dobbiamo migliorare molto, ho visto qualche palla persa di troppo che è stata la nota meno lieta di queste Final Eight; un segno di confusione, però ci sta anche vista la pressione legata a un contesto in cui ti giochi tutto in 40 minuti.
(Claudio Franceschini)