I Fab Five c’erano, e hanno perso di nuovo. L’appartenenza al college è qualcosa di sacro, perciò i cinque giocatori del quintetto titolare che con Michigan giocarono due finali agli inizi degli anni Novanta e ne uscirono sconfitti non potevano farsi mancare un ultimo atto da spettatori. Sono emersi anche loro, dall’incredibile marea della Georgia Dome di Atlanta; quando giocano gli Hawks tutta questa gente non c’è, e invece ieri sera, per la finale del torneo NCAA, non si riusciva quasi a camminare. Però, anche questa volta i ragazzi storici dei Wolverines si sono dovuti arrendere a un avversario più forte. Chissà, forse la sconfitta fa meno male perchè era annunciata; o forse no, perchè nonostante tutto la partita era iniziata con il sesto uomo Spike Albrecht a martellare la retina di Louisville dall’arco (chiuderà con 4/5 dalla lunga distanza per 17 punti). Nemmeno il 33-21 però è stato sufficiente: si era detto lungo tutto l’arco del torneo che i Wolverines avrebbero potuto pagare in esperienza quello che il talento concedeva loro, e alla fine è stato proprio così. Se contro la difesa dalle braccia infinite di Syracuse i ragazzi di coach Beilein erano riusciti a trovare soluzioni alternative e a far crollare il muro arancione (con le triple), stavolta la rimonta dei Cardinals è stata inesorabile, concretizzatasi già al termine del primo tempo (che Michigan ha chiuso avanti di un tempo). Nella ripresa Louisville ha fatto pesare la maggiore abitudine a essere qui: già lo scorso anno i Cardinals si erano regalati il viaggio alla Final Four, sconfitti in semifinale dai futuri campioni di Kentucky. Questa volta hanno compiuto il percorso netto, prendendosi la sedicesima vittoria consecutiva in stagione e il terzo titolo della storia (i primi due una vita fa: 1980 e 1986). A far capire a Michigan che tutto sommato il destino era scritto sono le statistiche degli avversari: nella serata in cui Russ Smith, almeno 20 punti per tutto il torneo, ha steccato (9 punti con un orribile 3/16 dal campo), a risolvere la partita ci ha pensato, oltre al solito Peyton Siva, il sesto uomo Luke Hanckock, autentico dominatore ad Atlanta. Dopo i 20 punti in semifinale, Luke (nominato poi miglior giocatore della finale) ne ha aggiunti 22 nella notte, con un 5/5 da tre che è stato come un macigno sulle speranze degli uomini in maglia gialla, cui non è bastato un Trey Burke da 24 punti ma limitato dai falli e costretto a stare sul parquet per appena 26 minuti. Vince Lousville (82-76 il punteggio finale): Barack Obama sbaglia la sua previsione (aveva dato Indiana campione contro i Cardinals) e Rick Pitino è nella leggenda: appena entrato nella Hall of Fame, il coach di New York diventa il primo allenatore nella storia del basket universitario a vincere il titolo con due college diversi (aveva già trionfato con Kentucky nel 1996). Un trionfo per Kevin Ware, il cui infortunio shock nella partita contro Duke ha dato forse la spinta emotiva in più ai Cardinals per compiere l’intero percorso (anche se, va detto, i pronostici erano favorevoli già a bocce ferme): c’era, il buon Kevin, non poteva perdersi una festa così. I compagni lo hanno omaggiato due volte: la prima quando hanno effettuato il riscaldamento indossando la sua maglia numero 5, la seconda quando hanno abbassato il canestro per consentirgli di effettuare il tradizionale taglio della retina. Michigan esce sconfitta, ma a testa alta: 



Il suo unico titolo resta quello del 1989, quando Glen Rice la condusse alla vittoria su Seton Hall. I Fab Five hanno perso ancora, stavolta da tifosi: dei cinque, il solo Juwan Howard può dire di aver vinto un titolo (lo scorso anno con i Miami Heat), mentre per gli altri ci sono solo storie di finali perse o serie lasciate lì per dettagli o altro (i riferimenti a Chris Webber non sono casuali). Pazienza: sarà per l’anno prossimo, come si dice sempre. Ma la NCAA è frenetica, e il passare del tempo può non perdonare. Chiedere a John Calipari, campione un anno fa con Kentucky e nel 2013 nemmeno qualificato al torneo. I protagonisti di oggi, invece, li aspettiamo al piano di sopra della : di sicuro ci sarà il miglior giocatore dell’anno, Trey Burke (al quale Peyton Siva, appena dopo la sirena che proclamava Louisville campione, ha detto che ha avuto una grande carriera universitaria e che con i professionisti farà molti soldi), ma aspettiamo chiamate al primo giro anche per Glenn Robinson III e magari per Gorgui Dieng



 

(Claudio Franceschini)

 

Leggi anche

Diretta/ Venezia Lubiana (risultato finale 75-80): sconfitta casalinga per la Reyer (oggi 11 dicembre 2024)