Il titolo , il terzo della loro storia, i Miami Heat lo hanno vinto nella notte tra martedi e mercoledi quando, sotto di cinque punti a 28 secondi dalla sirena, sono riusciti a forzare il supplementare e a vincerlo. Decisivi erano stati, in quel caso, il doppio 1/2 dalla lunetta di Ginobili e Leonard, due rimbalzi offensivi su altrettante mattonate di Lebron James e una tripla di Ray Allen dall’angolo, con il corpo tutto buttato all’indietro, impossibile da segnare eppure entrata. I San Antonio Spurs il titolo lo hanno perso lì: quando, avanti 3-2 nella serie, hanno fatto crollare in un amen la statistica che diceva: 122 partite di playoff con la squadra in vantaggio di 5 punti a 20-30 secondi dal termine, 122 vittorie per tale squadra. Gregg Popovich ha allenato una serie in modo impeccabile, ieri sera ha parlato di ragazzi “eccezionali, sono orgoglioso di loro e non potrei amarli di più”, ma probabilmente si sta ancora mangiando le unghie e qualcosa di più per aver iniziato il terzo quarto di gara-6 sul +10 e con Parker e Duncan in panchina, o per aver lasciato seduto lo stesso Duncan nei succitati 28 secondi, quando Miami banchettava a rimbalzo e si prendeva i due tiri extra decisivi. Ieri notte, ancora una volta, gara-7 si è mantenuta su un piano di totale equilibrio, ma c’era come la netta sensazione che il tutto fosse già deciso. Alla fine ha vinto Miami , anche grazie a un errore di Duncan su un layup quando il punteggio diceva 90-88 e mancavano 48 secondi. San Antonio riusciva nell’intento di tenere Lebron James lontano dall’area, ma lui, al secondo anello di campione NBA consecutivo con annesso titolo di MVP, rispondeva con una prestazione da 37 punti, 5/10 da 3 punti, 12 rimbalzi e 4 assist. Dwyane Wade, che in molti davano per bollito e che onestamente aveva giocato male per tutta la serie, dimostrava che non si diventa campioni per caso: 23 punti e 10 rimbalzi. L’eroe della serata era però Shane Battier: 18 punti, con 6/8 nelle triple. “Riconosco la sua onestà intellettuale nel non aver cercato scuse e polemiche quando gli accoppiamenti mi costringevano a tenerlo fuori”, ha detto di lui coach Spoelstra dopo la partita. Dall’altra parte, sguardi torvi e musi lunghissimi: la serie è stata pazza, ogni partita diversa dall’altra e un paio di episodi da montagne russe all’interno della stessa gara. Tim Duncan allontana l’idea del ritiro, Tony Parker quasi si scusa per una serata in cui il tiro non gli è entrato (3/12: nel finale, Popovich aveva bisogno di tiratori e lo ha tenuto fuori, quasi un atto di lesa maestà ma conosciamo bene il personaggio e sappiamo che non guarda in faccia a nessuno). Manu Ginobili, free agent da luglio e possibile partente, dice quello che tutti pensano ma nessuno ha il coraggio di ammettere: “Con la mente ero ancora a gara-6, ci siamo andati così vicini”. Chiude una serie da 11,6 punti di media nella quale è stato per larghi tratti in difficoltà, ma eroico in gara-5 davanti al suo pubblico, forse per l’ultima volta. Encomio finale per Kawhi Leonard: a 21 anni ha giocato una gara-7 delle finali NBA e l’ha chiusa con 19 punti e 16 rimbalzi dopo aver giocato tutta la serie con una sicurezza disarmante. Adesso, l’estate. “Non mi opero di sicuro”, proclama Wade che ha chiesto “alle mie ginocchia un’ultima partita”. “Mi sposo a settembre, ma se avessi perso avrei potuto annullare le nozze”, dice James. La NBA va in vacanza, ma torna l’anno prossimo, più avvincente di sempre e con la stessa squadra da battere: i Miami Heat. (Claudio Franceschini)