I San Antonio Spurs che hanno perso il titolo in gara-7 di finale contro i Miami Heat ripartono da… Marco Belinelli. Sarà ufficiale dal 10 luglio, data in cui i trasferimenti potranno essere ratificati; ma ormai la notizia è certa. Due anni di contratto per la guardia di San Giovanni in Persiceto, che giunge così alla sua quinta squadra NBA. Golden State Warriors, Toronto Raptors, New Orleans Hornets, Chicago Bulls: le prime due diciamo “formative”, giocando anche poco (quasi niente sulla Baia di San Francisco) ma imparando i trucchi del mestiere, l’atteggiamento giusto per stare al di là dell’Oceano in una Lega che vive di “nonnismo” (non nel senso militare del termine, quanto a livello di attenzioni che media e addetti ai lavori ti riservano; ma è un discorso complesso). Tutte cose che gli sono poi servite agli Hornets, dove la presenza di Chris Paul gli ha pemesso di migliorare il suo gioco e la media punti, che in quelle due stagioni era arrivata a toccare e superare i 10 punti; è stato in Louisiana che il Beli ha conosciuto le gioie del quintetto titolare, arrivando anche a giocarsi un primo turno di playoff contro i Los Angeles Lakers (perso). La consacrazione, almeno nel suo piccolo, è arrivata a Chicago: sotto la guida di coach Tom Thibodeau, in un contesto competitivo pur privo (per infortunio) della stella Derrick Rose, Belinelli ha confermato quanto di buono aveva fatto vedere in precedenza. 9,6 punti di media in regular season, diventati 11,1 nei playoff dove Marco è stato anche decisivo nella gara-7 vinta in trasferta al primo turno contro i Brooklyn Nets. Giocando minuti importanti in partite importanti ha dimostrato di essersi conquistato la fiducia del coach, ma soprattutto quella di tutta la Lega che ora vede in lui un giocatore che sta diventando solido, sa fare molto bene il suo, è migliorato in difesa e può all’occorrenza essere il giocatore da cui andare per i tiri pesanti. Certo: non sarà mai un uomo franchigia, il leader tecnico ed emotivo che ti porta alla vittoria del titolo. Ma è un ottimo giocatore di sistema, anzi è anche qualcosa di più. Se uno come Gregg Popovich ti chiama, del resto, qualcosa devi aver fatto vedere. Si dice che Marco abbia rinunciato a un contratto più oneroso a Cleveland: chiaro l’intento, vuole giocare in un contesto vincente, rinunciando magari a qualche minuto ma con la possibilità di conquistare l’anello (in Ohio c’è un progetto di ricostruzione appena iniziato, che promette molto bene ma nel futuro a breve-medio periodo, non subito). In Texas, Belinelli trova Tony Parker, Tim Duncan, Manu Ginobili; i veri padroni della squadra da almeno un decennio. E poi trova Kawhi Leonard, cioè colui che avrà in mano i neroargento (protagonista in una finale a 21 anni: non è da tutti) ma non Gary Neal, che probabilmente compierà il percorso inverso. Quanti minuti potrà avere? Difficile dirlo: in regular season Popovich è abituato a far riposare i suoi tre big, specialmente in serate in cui si giocano due partite consecutive. Manu Ginobili dovrà gestire il suo tempo, perciò Belinelli potrebbe avere anche 15-20 minuti a sera (Leonard è un 3, e Marco può anche avere spazio come riserva di Parker, ruolo nel quale è però cresciuto bene Cory Joseph). E’ tutto ancora in divenire, soprattutto perchè manca ancora tanto tempo prima dell’inizio della stagione, ma Belinelli potrà ritagliarsi spazi importanti in una squadra che tenterà un ultimo (o penultimo?) assalto al titolo.