È già ampiamente nella storia del basket NBA. Non si vincono cinque titoli per caso, corredati peraltro da due di MVP delle Finali, uno di regular season e il quarto posto tra i migliori marcatori della storia che salvo imprevisti diventerà il terzo tra poche settimane, poichè la distanza che lo separa da Michael Jordan è di appena 139 punti. Considerato che quest’anno viaggia alla media di 26,6 punti a serata (primo nella Lega) impiegherà 6 partite per operare il sorpasso e salire sul podio. Ma nella notte allo Staples Center Kobe Bryant ha fatto anche di più: è diventato il primo giocatore nella storia a segnare 30000 punti e smazzare 6000 assist. Gli americani sono grandi amanti delle statistiche: ne hanno di ogni tipo e per tutti i gusti. Gli appassionati di basket vi diranno che i numeri non sono tutto, e hanno ragione; ma quando i numeri sono questi, un certo peso ce l’hanno. Bryant è trentunesimo nella classifica dei migliori assistmen di tutti i tempi; considerata la media di 4,6 a partita che sta tenendo in questa stagione, entro la fine della regular season potrebbe già trovarsi al venticinquesimo posto. La palla l’ha sempre saputa passare, ma è chiaro che un accentratore come lui – o se preferite un giocatore che guarda sempre e comunque il canestro – non ha nell’assist la sua ragione di vita; questo non fa che aumentare la sensazione per il numero 24 dei Los Angeles Lakers, che questa notte ha condotto alla vittoria la sua squadra (record 4-13) contro i Toronto Raptors, vale a dire l’attuale prima forza della Eastern Conference e la squadra cui Kobe, il 22 gennaio 2006, aveva segnato 81 punti stabilendo la seconda miglior prestazione individuale di sempre (alle spalle dei mitici 100 di Wilt Chamberlain). E’ finita 129-122: il Black Mamba ci ha messo 31 punti, 11 rimbalzi e 12 assist, centrando la ventesima tripla doppia in carriera (è secondo tra i giocatori in attività, alle spalle di LeBron James e davanti a Rajon Rondo). I detrattori diranno: certo, con la palla sempre in mano è più facile segnare 26 punti a sera, e anche gli assist inevitabilmente aumentano. Vero, ma va detta un’altra cosa: 



Che intanto certe cifre bisogna sempre costruirle perchè giocare ogni partita con le attenzioni degli avversari su di sè non è esattamente semplice. Tutto il resto è un discorso che lascia il tempo che trova: chi sia più forte tra lui o LeBron, quanto gli ci voglia ancora per raggiungere Michael Jordan che però forse è irraggiungibile, quanto davvero sia utile alla squadra. A noi che scriviamo basta guardare quello che fa in campo, con una punta di tristezza o quantomeno di nostalgia nel vedere un giocatore ormai al termine della sua carriera lottare esclusivamente per qualche vittoria in più, che non influirà certo sulla lotta per i playoff. I Lakers sono in ricostruzione; la situazione attuale è poco rosea anche perchè il 24 ha chiesto e ottenuto il massimo salariale, impedendo a LA di operare meglio sul mercato. Questi però sono discorsi economici che poco hanno a che fare con un giocatore che in campo ha sempre dato tutto, anche quando – come adesso – contava poco. E allora 30000 di questi punti, e 6000 di questi assist; a fine anno tireremo le somme, e soprattutto vedremo se Kobe Bryant avrà ancora voglia di un’ultima chiamata per l’anello. Sarebbe il sesto. Come Michael Jordan, che insegue da tutta una carriera. Vuol dire poco o forse non vuol dire nulla ma per Kobe, fidatevi, conta eccome. 

(Claudio Franceschini)

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