I giorni del ritorno allo scudetto dell’Olimpia Milano sono anche i primi di Gianmarco Pozzecco da allenatore della Cimberio Varese, che ripartirà dal suo ex playmaker dopo una stagione non positiva. Pozzecco ha giocato a Masnago dal 1994 al 2002 vivendo i miglior anni della sua carriera da professionista, e vincendo scudetto e Supercoppa Italiana nell’anno di grazia 1999. In un’intervista con il quotidiano Repubblica, il nuovo coach della Cimberio ha parlato ad ampio raggio di sensazioni, ambizioni e progetti personali: “Tornare a Varese da allenatore è stato molto strano -ha dichiarato-, intanto perché ogni persona, ogni faccia che rivedi ti riporta indietro nel tempo, è un’emozione continua. E poi perché ho ritrovato Meneghin. Quando sono entrato in palestra ho trovato in campo il Menego che allenava i ragazzi. La prima cosa che mi è venuta in mente è che ormai è passato tanto tempo, la seconda è che ora siamo noi a dover dire ai giocatori cosa fare, quando andare a dormire, come comportarsi. Non proprio il massimo no? Quando Vescovi (attuale presidente di Varese ed ex compagno del Poz, ndr)”mi ha chiamato ha pensato che mi stava prendendo in giro. Invece faceva sul serio. Altro che scherzo, Cecco mi voleva a Varese“. La tifoseria biancorossa si esaltò due anni fa salendo sulle spalle dei “giganti” Dunston, Banks e Mike Green, mentre nell’ultima stagione ha vissuto momenti assai meno esaltanti; come sarà la Cimberio di Pozzecco? Il coach risponde: “Vorrei che squadra, società e ambiente fossero un tutt’uno, che viaggiassero sulla stessa lunghezza d’onda. Come è successo a Capo d’Orlando, una città intera gioiva e soffriva con i suoi giocatori, penso sia la cosa più bella dello sport. Mi piacerebbe ricevere un bel segnale fin dall’inizio, starà a noi poi costruire una squadra in grado di emozionare e appassionare. Inizia da qui la mia opera di convincimento ad affezionarsi a questa squadra, a questa società. E a questo allenatore nano. (…) Ho in testa una squadra che abbia connessione, capacità di unire passione e professionalità, giocatori che credano in quello che fanno e che vogliano giocare a basket. Giocatori che facciano gruppo, che amino la maglia, che a fine stagione possono anche andare via, ma che si facciano amare dalla gente“.