E’ stato lui l’allenatore della stagione trionfale della Dinamo Sassari: il Banco di Sardegna ha vinto tutto. Coppa Italia e Supercoppa Italiana battendo l’Olimpia Milano nelle due finali, poi il primo scudetto della storia alla prima finale della storia, facendo fuori ancora l’Emporio Armani nonostante una rimonta subita da 3-1 a 3-3, vincendo gara-7 al Mediolanum Forum e ripetendo l’impresa nella serie contro Reggio Emilia, espugnando il PalaBigi dopo che i primi sei episodi della finale erano stati vinti dalla squadra di casa. Meo Sacchetti è il grande artefice del capolavoro di Sassari: il coach della Dinamo ha condotto in paradiso una squadra che ha saputo programmare negli anni, sembrava in crisi a inizio 2015 e aveva chiuso la regular season con preoccupanti sconfitte in successione ma nei momenti caldi, quelli decisivi, ha saputo fare quadrato e sprigionare non solo il grande talento dei singoli ma anche lo spirito di gruppo. IlSussidiario.net ha contattato in esclusiva Sacchetti per un commento sul trionfo di Sassari nel 2014-2015.
Coach, i meriti di questo scudetto sono innanzitutto suoi? I meriti vanno divisi equamente, anche se certamente ai giocatori va dato qualcosa di più. Poi certo ci sono i meriti anche della società e dello staff tecnico, e quelli anche miei sia pure in misura minore.
In che momento della finale ha capito che potevate vincere il titolo? In gara-3, quando siamo andati sotto in doppia cifra e avevamo quasi perso, ma siamo stati capaci di rimontare e portarci sull’1-2. E’ stata una cosa importante che ci ha dato fiducia e che alla fine è stata decisiva.
Dal punto di vista emotivo che playoff sono stati? Sono stati grandi playoff e, per quanto riguarda la serie finale, sia noi che Reggio Emilia abbiamo sentito molto le partite a livello emotivo. Devo dire che l’atmosfera è stata molto coinvolgente.
Avete battuto sia Milano che Reggio fuori casa in gara-7: la mentalità è stata un punto cruciale? Sì, ma hanno contato anche gli episodi: al Forum abbiamo catturato quel rimbalzo offensivo sul tiro libero arrivando ai supplementari, mentre Reggio Emilia in gara-6 ha avuto per due volte il tiro per vincere lo scudetto. Siamo stati anche fortunati…
Ha allenato tante versioni di Sassari: tripletta a parte, questo è il gruppo più forte? Sì, perchè è quella che nei diversi anni ha saputo trovare l’adattamento fisico migliore rispetto al tipo di gioco che abbiamo proposto.
A proposito: come definirebbe il suo gioco? Qual è la sua filosofia? Corsa e atletismo, sono questi i principi della mia pallacanestro.
Dica la verità: si aspettava una stagione così trionfale? Siamo partiti con il successo in Supercoppa e siamo arrivati alla vittoria dello scudetto… no, non me l’aspettavo. Sapevo che potevamo fare bene, ma fino a questo punto no.
Ci sono dei giocatori in particolare che vuole citare? Tutti i ragazzi hanno fatto benissimo, ma certamente Shane Lawal è andato al di là di ogni previsione: nei playoff è arrivato a catturare 20 rimbalzi di media, è stato il nostro giocatore in più.
Reggio Emilia e Sassari hanno dato lustro al basket italiano con una serie finale stupenda: un punto di svolta per tornare ai vertici? Penso che noi abbiamo fatto bene e abbiamo fatto divertire, ma poi è la Nazionale a dare la misura giusta di tutto il movimento cestistico; contano soprattutto il suo rendimento e i suoi risultati.
Parliamo di mercato: lei è molto legato a Varese, che ha scelto Paolo Moretti… Per almeno tre volte sono stato molto vicino a tornare a Varese. Mi hanno chiamato, avrei potuto diventare il loro allenatore ma non se ne è fatto niente, per un motivo o per l’altro. Adesso sono a Sassari, quindi per il momento discorso chiuso.
Anche se la chiamasse Torino, tornata finalmente in Serie A? Torino come Varese è stata una delle squadre più importanti della mia carriera: a Torino mi sono sposato, sono nati i miei figli, sono legatissimo alla città e all’ambiente. Però, ripeto, ora sono a Sassari e continuo la mia carriera qui in Sardegna.
(Franco Vittadini – Claudio Franceschini)