Oggi mi prendo il lusso di parlare di pallacanestro. Una breve riflessione. In fondo è solo un gioco, ma uno di quelli attorno ai quali girano tanti soldi ed interessi. L’America con il suo professionismo sportivo ha tracciato il sentiero per tutti. Naturalmente non avete bisogno che anch’io mi metta a predicare della valenza educativa dello sport.



Che i “campioni” costituiscano figure esemplari è evidente. C’è solo da sperare che l’esempio che danno valga qualcosa. La , la National Basketball Association, sta vivendo il culmine della stagione. I “Cavalieri” di Cleveland sfideranno i “Guerrieri” di San Francisco, campioni in carica appena sopravvissuti ai “Tuoni” dell’Oklahoma. E proprio su questo voglio spendere due parole, da pesarese cresciuto a pane e basket.



Lo sport in genere, e quello americano in particolare, è sempre alla ricerca dell’eroe, sempre con lo sguardo alle sue gesta che verranno narrate come neanche fossero quelle del pelide Achille. Un altro assioma di queste attività pseudo ludiche è che chi vince ha sempre ragione. Va detto che la pallacanestro americana ha avuto tempi migliori. Gli altri grandi sports l’hanno relegata da un po’ di anni ad un ruolo un tantino minore. Ma quando le sfide si infiammano anche i ratings televisivi prendono fuoco.

Gli eroi di oggi sono Stephen Curry (votato all’unanimita come MVP dell’anno) and the Golden State Warriors. Non per me, ma rendere ragione di questo mio senso di fastidio verso i campioni in carica è significativamente complicato dal fatto che costoro, in un modo o in un altro, continuano a vincere. Solo che a mio modesto avviso, quello che stanno vincendo non è il campionato “mondiale” di pallacanestro, ma quello di tiro al bersaglio.



È vero che Curry sa palleggiare, sa dribblare, sa passare, sa penetrare, ma è ovvio che quel che ammalia tutti e tramortisce i finali di partita è il suo tiro mortifero. Però è anche vero che nelle semifinali Curry ha buttato via una bella quantità di palloni, ha sparato a vuoto per la maggior parte del tempo, s’è preso una bella dose di castagne in testa sotto forma di stoppatone, e soprattutto ha dimostrato di non saper assolutamente difendere. Westbrook, quella forza della natura, sregolata folle ed incontenibile dei Thunder, lo ha asfaltato tutte le volte che si sono trovati faccia a faccia.

Se solo Oklahoma non si fosse fatta prendere dalla frenesia orgasmatica di Thompson e compagni che vanno al tiro da tre punti anche dallo spogliatoio e senza nessun compagno nei paraggi del canestro…. Da ragazzino mi avevano insegnato che con il tiro da tre si possono vincere le battaglie, non la guerra. I Golden State Warriors ci stanno dimostrando che ciò non è vero. Aspettiamo la finalissima con Cleveland per la pronuncia della sentenza conclusiva.

Evoluzione della specie? Nuova frontiera della pallacanestro? Non sarebbe il primo caso nella storia dell’umanità in cui una cosiddetta evoluzione ed una cosiddetta nuova frontiera c’ hanno fatto rimpiangere le vecchie. Perché la pallacanestro è la pallacanestro ed il tiro al bersaglio è un’altra cosa. E a me il tiro al bersaglio su un campo da basketball non mi dice proprio un bel niente.