È un uomo di sport, un “agitatore di uomini” come forse lo definirebbe Enzo Ferrari. E non è la prima volta che trova partnership di grande livello per tenere in pista, nonostante tutte le problematiche economiche, la sua scuderia. Fu lui a riportare in competizione il marchio Mercedes negli anni ’90 dopo quaranta anni di silenzio in seguito ai tragici fatti di Le Mans del 1955. Fu ancora lui a ripetere quell’operazione con la che in Formula 1 era stata solo una comparsa all’inizio degli anni ’50. E chissà che, ancora una volta, abbia visto giusto. La notizia era nell’aria ma ormai è ufficiale: la scuderia di Hinwil ha stretto una importante partnership con una compagine di investitori russi che non solo garantirà la presenza del team in Formula 1 per i prossimi anni fugando le voci di difficoltà finanziarie che circolavano insistenti, ma costituirà un importante collaborazione tecnologica che potrebbe portare addirittura la Sauber, da sempre “ancorata” al centro del gruppo, al tanto agognato salto di qualità. “Resteremo in Formula 1 per molti anni” ha annunciato orgoglioso Peter Sauber, precisando che continuerà ad essere proprietario del 66% delle azioni della scuderia e che la maggior parte del resto del pacchetto rimarrà all’attuale Team Principal Monisha Kaltenborn. Ma l’ingresso dei capitali russi comporterà un notevole cambio di rotta strategico e non soltanto commerciale, a partire dei piani sui piloti. Del pacchetto, i cui negoziati sono vicini alla chiusura, fanno parte, oltre al supporto tecnico, la promozione dell’automobilismo nel paese ex-sovietico con nel mirino il nuovo GP di Russia in programma a Sochi verso la fine del 2014 e la valorizzazione dei giovani piloti russi, a cominciare dal talentino Sergey Sirotkin, 17 anni, che già molte voci vogliono pilota titolare nella prossima stagione. Al di là della notizia contingente, è difficile dire se l’ingresso massiccio dei capitali dell’est possa considerarsi una svolta anche per la Formula 1. Certo, altri sport ormai insegnano che i grandi investimenti, quelli ad esempio capaci di cambiare le sorti di un club calcistico, provengono dalle “nuove economie”, e proprio dall’oriente in particolare. I milioni del gas o del petrolio sono forse quelli che cambieranno il volto anche della Formula 1 e questo primo tassello ne costituisce l’avamposto. La storia però insegna il contrario e, in Formula 1 forse più che altrove, non basta il budget per assicurarsi le vittorie: anni di duro lavoro, perfezionismo e genialità sono alla base di successi duraturi che difficilmente sono frutto del caso. La Brawn vinse il Campionato Mondiale nel 2009 senza sponsor e con un Team dismesso dalla Honda e pagato da Ross un simbolico dollaro. Il segreto fu una geniale trovata tecnica che sbaragliò una concorrenza dai budget ben più importanti. Enzo Ferrari impiegò due anni di collaudi prima di lanciare in pista la sua prima creatura da corsa, la 125S. E, al contrario, colossi come Jaguar, Honda o Toyota sono sbarcati in Formula 1 con principesche disponibilità economiche senza cavare un ragno dal buco. Dall’altra parte c’è Frank Williams che, dopo un decennio nelle retrovie del gruppo, diventò di colpo un top team quando, alla fine degli anni settanta, portò per primo capitali arabi nel mondo della Formula 1. Se il caso della Sauber si potrà accostare ai primi o ai secondi esempi, lo dirà la pista. (Massimo Piciotti)