Lewis Hamilton è il nuovo campione del Mondo, la Mercedes ha dominato l’intera stagione, la Red Bull ha retto dignitosamente soprattutto grazie a Daniel Ricciardo, la Williams è rinata e la Ferrari è affondata. Questo ha detto in estrema sintesi il Mondiale che si è chiuso ieri ad Abu Dhabi di una Formula 1 che in pista è piaciuta, con gare spesso divertenti e senza i problemi di cui si parlava alla vigilia (ricordate gli allarmi su gare in cui si sarebbero dovuti ritirare tutti?), fuori però molto meno, dalla crisi economica alle pecche sulla sicurezza che sono costate carissimo al povero Jules Bianchi. Ecco le nostre pagelle sulla stagione.
Il dominatore. Undici vittorie, 384 punti, secondo titolo della carriera conquistato con pieno merito. Il migliore fin dall’inizio della stagione, quando aveva infilato quattro vittorie consecutive dopo il ritiro a Melbourne, ha saputo anche rialzarsi da un passaggio a vuoto estivo, dovuto comunque più a problemi di affidabilità che a sue responsabilità, suggellando il Mondiale da Monza in poi, quando ha sfiorato la perfezione (sei vittorie e un secondo posto nelle ultime sette gare). Il talento di Lewis è sempre stato cristallino, ma quest’anno ha saputo anche essere leader all’interno del team – esemplare il suo atteggiamento in quel periodo difficile culminato con l’incidente di Spa – e maestro di continuità di rendimento in gara. Se infatti spesso al sabato Hamilton ha sofferto Rosberg (per questo mezzo punto in meno rispetto al massimo), la domenica è stato quasi sempre padrone assoluto.
In positivo: è rimasto in corsa fino all’ultimo Gran Premio contro un avversario da tutti considerato superiore come talento, e addirittura sul giro secco – da sempre considerato un punto di forza di Hamilton – ha surclassato il compagno di squadra, conquistando ben 11 pole position. Dall’altra parte però ha vinto “solo” 5 gare, non tantissime considerando che la Mercedes praticamente in tutte le gare è stata inarrivabile per i rivali. Ha vinto meno della metà delle gare rispetto ad Hamilton, e quasi sempre nelle gare che non hanno avuto uno svolgimento normale è arrivato alle spalle dell’inglese. Gli errori di Monza, il sorpasso subito ad Austin e la partenza di Abu Dhabi dimostrano che è ancora un gradino sotto al campione del Mondo.
A dire il vero forse ha patito qualche ritiro di troppo, ma qualche rischio con l’affidabilità è l’inevitabile rischio che corre chi ha saputo sfiorare la perfezione che, come è noto, non è cosa di questo mondo. La superiorità tecnica nei confronti delle altre Case è stata totale: si sarebbe potuto fare un Campionato monomarca e poco sarebbe cambiato…
Ha vinto tre gare senza guidare una Mercedes e senza nemmeno avere a disposizione un motore di Stoccarda. Basterebbe questo per spiegare perché l’italo-australiano è la rivelazione della stagione, ma c’è di più. Al primo anno in Red Bull ha surclassato Vettel, quattro volte campione del Mondo, regalandoci tante splendide gare e venendo premiato con il terzo posto nel Mondiale, primo dei “terrestri”. In più è pure simpatico, il che non guasta in una Formula 1 in crisi di popolarità.
Difendere il titolo era una missione impossibile, e forse è fisiologico che un quattro volte campione del Mondo non abbia il massimo degli stimoli quando deve lottare per le posizioni di rincalzo, ma è stato battuto in modo netto da Ricciardo, che ha sofferto come mai gli era successo con Webber. Il suo ciclo era finito: adesso i tifosi della Ferrari sperano che a Maranello possa imitare il connazionale Michael Schumacher.
Ha vinto tre gare e ha surclassato la Ferrari nel duello fra i due top team “non Mercedes”. Di più era difficile fare.
Il termine di paragone per ogni pilota è il compagno di squadra, e Fernando ha conquistato il triplo dei punti rispetto a Kimi Raikkonen. Difficile chiedergli di più, se la Ferrari non è affondata del tutto e ha conquistato almeno due podi è quasi esclusivamente merito dello spagnolo. La cosa certa è che mancherà moltissimo a Maranello, gli auguriamo che il nuovo progetto McLaren-Honda possa funzionare perché tutta la Formula 1 ha bisogno di ritrovare un Alonso grande protagonista.
Spiace dirlo, ma è stato francamente imbarazzante. Qualche sprazzo a Montecarlo e Spa, cioè proprio le due piste sulle quali maggiormente conta il talento del pilota, non possono assolutamente redimere una stagione in cui ha avuto una media di meno di tre punti a Gran Premio, cioè poco più del nono posto. Il tanto bistrattato Massa negli ultimi anni ha sempre ottenuto più di 100 punti, lui si è fermato a 55… In tantissimi weekend la domanda finale è stata: ma Raikkonen c’era? Non pervenuto.
Detto che sulla tecnologia ibrida la Mercedes è in nettissimo vantaggio e questo è un discorso che va ben oltre la sola Formula 1, diverse domande vanno fatte. Innanzitutto, perché la Ferrari (che è l’unica scuderia ad avere il potere di veto) ha accettato tutte le modifiche al regolamento, dalle limitazioni ai test a quello allo sviluppo dei motori nel corso della stagione, che ovviamente favoriscono chi aveva il vantaggio iniziale (e si sapeva che sarebbe stata la Mercedes)? Perché è tornato Raikkonen? Perché è stato confermato dopo una stagione pessima? Perché non si è riusciti a trattenere Alonso? Inoltre: ha perso nettamente la sfida con la Red Bull per essere la migliore scuderia non motorizzata Mercedes e l’instabilità ai vertici preoccupa per il futuro. Marchionne silura Montezemolo e diventa presidente in prima persona, ma con tutti i suoi incarichi non potrà mai essere molto presente a Maranello; ad aprile Domenicali lascia e al suo posto arriva Mattiacci, che mai aveva lavorato nel Circus, eppure dopo soli sette mesi già lo si mette in discussione, anzi la sua sostituzione sembra essere praticamente certa (perché?). Tutti quelli che hanno avviato i primi contatti con Vettel adesso non ci sono più, se adesso Seb non trovasse nemmeno chi ha finalizzato la trattativa (cioè appunto Mattiacci) chissà cosa potrebbe pensare…
Altra rivelazione della stagione. Praticamente uno sconosciuto a inizio stagione, ha sfruttato nel migliore dei modi una Williams tornata a grandi livelli e il motore Mercedes: tanti podi e grande costanza di rendimento, è ormai una certezza di questa Formula 1. In numeri: 4 punti l’anno scorso, 186 quest’anno con sei podi: è in rampa di lancio.
Rinato. L’addio alla Ferrari gli ha fatto benissimo. Il “premio Paperino” continua ad essere suo: almeno tre volte buttato fuori senza colpe (di cui due al primo giro) e anche alcune indecisioni del team, ad esempio a Zeltweg dove un pessimo pit-stop vanificò la sua pole position, l’unica dell’anno non conquistata dalla Mercedes (impresa non da poco), ma la Formula 1 ha ritrovato un grande protagonista, che è stato premiato con il podio nelle due gare che sente di più, Monza e Interlagos, oltre allo splendido secondo posto di Abu Dhabi.
L’anno scorso sembrava finita, quest’anno ha impressionato tutti. Da 5 a 320 punti, d’accordo il motore Mercedes ma non basta questo a spiegare la metamorfosi di un team che ha sonoramente battuto McLaren e Force India (e persino la Ferrari), e che soprattutto è cresciuta in modo costante per tutto l’anno. Se continua così, sarà la prima – e forse unica – rivale della Mercedes nel 2015.
Il nono posto di Montecarlo (pista non banale…) ha portato i primi due punti nella storia della Marussia, alla quale ha saputo regalare anche qualche altra soddisfazione, tra piazzamenti e prestazioni in qualifica. Un talento in rampa di lancio, che certamente sarebbe arrivato presto in Ferrari. Adesso non ci resta che dire: forza Jules!
Doveva essere la seconda miglior scuderia motorizzata Mercedes, invece è stata stracciata dalla Williams. Il doppio podio di Melbourne, con il secondo posto di Kevin Magnussen davanti a Jenson Button, aveva illuso tutti, invece è stato un fuoco di paglia. Non resta che sperare nella Honda…
I flop della stagione. Bastano i numeri: nel 2013 la Lotus aveva conquistato 315 punti e la Sauber 57, quest’anno invece 10 punti per l’ex Renault e addirittura zero per il team elvetico. D’accordo, non avevano i motori Mercedes e la Lotus ha perso Raikkonen: ma ciò non può bastare ad assolverle. In crisi nera. (Mauro Mantegazza)