Google celebra Ayrton Senna, uno dei più grandi piloti che la Formula 1 abbia mai visto, con un Doodle, che raccoglie tutti gli elementi più significativi della personalità del campione brasiliano. Per l’occasione il logo di Google si tinge di verdeoro, i colori della bandiera brasiliana. Sulla sinistra compare l’inconfondibile profilo di Senna, serio e composto. In alto, a fare da contorno alla scritta Google, la checkered flag, la classica bandiera a scacchi che segna la conclusione delle gare automobilistiche; in basso, sopra la barra di ricerca, un auto di Formula 1 che sfreccia verso il traguardo. Come ha sempre fatto Senna, dentro o fuori la pista.



Il Brasile è sempre stata una fucina di talenti per la Formula 1. Sul primo gradino del podio, inarrivabile, c’è Ayrton Senna, vincitore di tre titoli mondiali (1988, 1990 e 1991) e recordman per pole position in relazione ai Gp disputati. La sua tragica morte a Imola nel 1994 a bordo della William lo ha reso un vero e proprio dio della F1. Non si può certo poi dimenticarsi di Nelson Pique, anch’egli vincitore di tre campionati iridati (1981, 1983 e 1987) ed Emerson Fittipaldi (1972, 1974). Venendo invece ai giorni nostri, ecco Ruben Barrichello, che ha comunque iniziato a gareggiare nel lontano 1993, facendo il proprio esordio a bordo della Jordan. Compagno per anni, in Ferrari, di Michael Schumacher, non è mai riuscito a vincere il Mondiale, ottenendo però due secondi posti nel 2002 e nel 2004, anni in cui riuscì ad ottenere prestigiose vittorie a bordo del Cavallino. E per rimanere in tema di storici campioni al volante della Rossa, ecco Felipe Massa, che nel 2008 sfiorò la vittoria finale, sfumata (a vantaggio di Louis Hamilton) nelle ultime curve di Interlagos (in Brasile). Massa è ora passato alla Williams, con la quale cercherà di rilanciare dopo le ultime difficoltose stagioni in Ferrari.



Grande appassionato di auto e piloti (chi non ricorda la famosa Nuvolari, dedicata al pilota italiano?) Lucio Dalla nel 1996 dedicò un canzone anche allo scomparso, due anni prima, pilota brasiliano Ayrton Senna. In realtà il pezzo venne scritto da Paolo Montevecchi, cantautore di Cesena che la compose immediatamente dopo la morte di Senna, ma non trovò nessuno che gliela pubblicasse. Il brano inizialmente si intitolava Il circo. Così Montevecchi ricorda quel titolo: “Intitolarla con il nome di Senna mi sembrava una pratica speculativa e non volevo rischiare grane legali legando la canzone al pilota senza il consenso della famiglia. Quando Dalla mi disse che voleva chiamarla Ayrton ho acconsentito a patto che la facesse sentire ai genitori di Senna. Lo fece, la apprezzarono e diedero il consenso”. Montevecchi sempre alla ricerca di qualcuno che gliela facesse incidere produsse anche un video clip e tra i tanti a cui bussò, andò anche da Lucio Dalla che si innamorò del video e della canzone incidendola per il suo disco “Canzoni” che divenne un successo da due milioni di copie. La canzone comincia con tanto di rumore del motore, poi il protagonista parla in prima persona quella di Senna ed è caratterizzata soprattutto nel finale da dei battiti, quelli del cuore. Il brano è musicalmente lento, basato su pianoforte e voce, ma poi nel finale si accende proprio come il motore di una macchina da corsa con spettacolare assolo di chitarra e batteria, quindi il rumore del motore della macchina che si allontana e poi i battiti cardiaci.



L’anniversario della nascita di Ayrton Senna, che oggi avrebbe compiuto 54 anni, sta suscitando tantissime rievocazioni per celebrare come merita il leggendario pilota brasiliano di Formula 1, tre volte campione del Mondo e tragicamente mor to a Imola il 1° maggio 1994. Anche il nostro Massimo Piciotti rievoca la carriera di questo leggendario campione (clicca qui per leggere l’articolo completo). La trionfale ascesa nelle categorie minori, l’approdo nel Circus, i grandi successi, la personalità dell’uomo Senna, la rivalità con Alain Prost e gli episodi indimenticabili della vita di un pilota che ha scritto la storia e che probabilme nte resta ancora oggi il più amato nella storia. Chi sia il più grande non si sa , ma una cosa è certa: Ayrton Senna da Silva era la Formula 1…

La carriera di Ayrton Senna è stata leggendaria, ma c’è stata una corsa che più di tutte le altre è entrata nel mito: siamo nel e sul circuito inglese di Donington è in programma il Gran Premio d’Europa. In quella stagione dominava la Williams, che avrebbe consegnato al francese Alain Prost il quarto titolo iridato della carriera, mentre la McLaren era in difficoltà e questo spesso impediva al pilota brasiliano di lottare contro il grande rivale francese. Sul circuito inglese però domenica 11 aprile pioveva, e la pioggia da sempre faceva risaltare nella sua interezza lo straordinario talento di Senna. La dimostrazione arrivò già nel corso del primo giro, che è entrato nella storia della Formula 1: scattato non benissimo dalla quarta posizione sulla griglia di partenza, Senna fu scavalcato dall’austriaco Karl Wendlinger e si ritrovò quindi in quinta posizione. Qui comincia l’impresa memorabile: Senna prima torna davanti a Wendlinger, poi sorpassa anche un giovane tedesco di grandi speranze di nome Michael Schumacher ed è terzo. A quel punto restano davanti solo le due Williams: in rapida successione ecco i sorpassi prima a Damon Hill e poi al grande rivale Prost con una manovra da leggenda al tornantino più lento della pista di Donington. Così, sotto a una pioggia che sembra affliggere solo gli avversari, ecco che al termine del primo giro Senna è già in testa a una gara che vincerà con un margine di vantaggio abissale (solo Hill non sarà doppiato). Da rivedere ancora oggi…

La rivalità tra Prost e Ayrton Senna fu il main theme, e motivo di grande fascino per tutti gli appassionati, della Formula 1 della seconda metà degli anni Ottanta. Il dualismo sportivo nacque fin dalla prima stagione di Ayrton Senna in F1, nel 1984, dove esordì a bordo della Toleman, dimostrando di avere la stoffa del campione. Alain Prost, nel 1984 era reduce da due secondi posti di fila nella classifica piloti. Nei due anni successivi il francese riuscì a vincere il titolo iridato, riconfermandosi poi nel 1989 e 1993. Senna, dalla sua, si portò a casa quello del 1988, 1990 e 1991. Gli anni dal 1984 al 1991 e il 1993 (Prost si ritirò per un anno) furono indimenticabili per gli appassionati, sopratutto quando i due furono compagni di scuderia in McLaren.  Nel 1988, 1989 compagnia di squadra, nel 1990 e nel 1993 (con Prost alla Ferrari e alla William, mentre l’asso brasiliano rimase in McLaren) si contesero il titolo iridato a suon di sportellate e sorpassi da cardiopalma. Il seme della discordia nacque nel 1988 al Gran Premio di Portogallo: Senna, mentre duellava con Prost per la prima posizione, strinse il compagno di squadra contro il muretto; il francese, nonostante la vittoria ottenuta, accusò il compagno di squadra di aver compiuto una manovra pericolosa. Da lì fu un crescendo di mosse e contromosse, ma non venne mai meno la stima reciproca. A Imola nel ’94 Prost era commentatore tv: il francese accompagnò il feretro dell’amico-rivale fin sul luogo della sepoltura e al suo funerale, a San Paolo, fu tra coloro che trasportarono a spalla la bara, ultimo gesto di rispetto e amicizia.

Ayrton Senna spesso veniva definito un pilota di attacco, uno cioè grintoso e che pigiava sull’acceleratore. Ma a lui non piaceva essere definito e sentirsi tale. Ecco infatti cosa disse al proposito: “Forse sono un pilota d’attacco per il fatto di essere giovane ma questo non basta. Un attaccante fa cose eccezionali 1 volta su 10. Un tipo freddo, più calmo, pota’ arrivare a risultati 4-5 volte su 10.” Nonostante la sua classe come pilota, Senna non si sentiva poi così legato al mondo delle auto da corsa. Una volta infatti disse che non avrebbe mai avuto un futuro in Formula uno una volta smesso di correre come altri suoi colleghi, perché aveva tanti interessi e troppe cose buone nel resto della sua vita per restare per sempre nel mondo delle corse. E a proposito di mondo delle corse, disse anche una frase che con il senno di poi, ala luce della sua tragica morte, suona tristemente profetica: “Noi siamo al limite, la macchina è al limite, l’essere umano è al limite….Questo è tutto quello che riguarda le corse motoristiche, questo e’ tutto quello che riguarda la Formula 1.” Ma era comunque un vero atleta, che correva per vincere, come dimostra questa frase: “Io voglio vincere sempre. L’opinione secondo cui la cosa importante è competere è un assurdità.” Ed ecco cosa diceva del suo modo di correre e guidare: “Si, ho mandato a monte una vittoria certa. Ma competere non è solo stare davanti,in testa per tutta la gara e raggiungere la bandiera a scacchi,o partire dietro e aspettare che gli altri facciano un errore o rompano il motore, sperando così di vincere. Il mio stile è differente: io voglio aggiudicarmi ogni vittoria per merito mio. questo il vero piacere di correre e vincere. Se non si fa altro che aspettare gli errori degli altri, si coglie solo una frazione del piacere, e io corro per il piacere di vincere.” 

Per Ayrton Senna Il week end del Gran Premio di Imola del 1994 fu fatale. Dopo l’incidente senza conseguenze di Rubens Barrichello (il venerdì), sabato ci fu l’incidente mortale di Roland Ratzenberger, seguito la domenica da quello di Ayrton Senna (che corse la gara con la bandiera austriaca dentro la sua monoposto per sventolarla, in caso di vittoria, in memoria del collega scomparso). Al settimo giro il campione brasiliano era in testa, davanti a Michael Schumacher quando perse il controllo della Williams, uscita di pista a tutta velocità alla curva Tamburello. Il piantone dello sterzo cedette di colpo, non reggendo alle sollecitazioni della gara. Senna cercò di frenare, ma non riuscì a evitare il muro, centrandolo in pieno. L’impatto fu tremendo e violentissimo: la vettura si squarcio in due e il puntone della sospensione anteriore destra, spezzatosi, penetrò nella visiera del casco del pilota provocandogli lo sfondamento della regione temporale destra: lesioni gravissime e fatali. Senna perse oltre 3 litri di sangue (che macchiarono quella stessa bandiera austriaca) e dopo i primi bordo pista prestatigli dall’équipe medica (che non ebbe poche difficoltà ad estrarlo dalla vettura) fu trasportato in elicottero all’Ospedale Maggiore di Bologna. Ayrton non riprese più conoscenza: morì alle ore 18.40, a 34anni.

Ayrton Senna. Forse pochi come lui erano in grado di sintetizzare lo spirito della Formula 1in un nome, in una storia. Miti come Villeneuve, Lauda, Hunt. Ma Ayrton Senna aveva qualcosa in più, uno spirito non calcolatore, un carisma, una passione con un lato un po’ triste come pochi, tra i campioni nati in terra brasiliana, sanno essere. Oggi avrebbe cinquantaquattro anni, la mezza età, nè giovane, nè vecchio. Più maturo, forse no, perchè Ayrton era già una leggenda maestosa e compiuta a soli trent’anni. Si avvicina veloce, ma è ancora un puntino lontano, quel primo maggio del 1994, quando il cuore grande di Senna ha smesso di battere dopo lo schianto in curva sul circuito di Imola. Un puntino ancora lontano, ma che si avvicina veloce e accompagnato dal rombo dei ricordi così come si muoveva la sua McLaren, o la sua Williams. Un attimo, travolgente, e poi era di nuovo lontano. E proprio per questo, forse, vale la pena ricordarlo oggi, e non – solo – il primo di maggio. Per Ayrton Senna la Formula 1 è sempre stato un grande inizio, con quel suo sguardo malinconico, quel sorriso che sembrava avvolgere tutto, anche le disavventure. Come dire, c’è qualcosa di più grande e di più veloce anche della passione per la Formula 1. Come quando nel 1992, durante il Gran Premio del Belgio la Ligier del pilota francese Comas, dopo una paurosa carambola sul tracciato, si fermò al centro della pista con il motore ancora acceso e il pilota svenuto, non si sapeva in che condizioni. Fu proprio Ayrton Senna a fermarsi per primo. Spense il motore e con un gesto cauto, quasi tenero, tra i guanti e il casco, spostò la testa di Comas, cercando per lui una posizione più naturale. Un gesto fatto senza curarsi della propria vita, perchè una nuvola di polvere aveva avvolto la carreggiata e le macchine che sopraggiungevano non potevano vedere che ci fosse la vettura di Senna ferma, nè che il pilota era sceso dall’auto. E invece, dalla polvere, spuntò la sagoma di un uomo, che si piegò sul pilota ferito. Non un amico, forse, non un compagno di scuderia certo. Un avversario, ma anche un fratello, in questo mondo che non avendo mai tempo da sprecare sa, nel cuore del campione, cogliere le cose importanti, per cui quel tempo val la pena spenderlo. Ayrton Senna è – e non era – questo.