Si chiama Marco Mattiacci e fino a ieri pomeriggio era un illustre sconosciuto, penso di poterlo dire senza tema di smentita, praticamente per tutti. Non per Luca Cordero di Montezemolo, evidentemente, che lo ha voluto come nuovo numero uno del Reparto Corse Ferrari. Può sembrare una scelta sorprendente ma non lo è se si osserva con attenzione la storia stessa della meraviglia automobilistica creata quasi 75 anni fa da Enzo Ferrari. Fin da subito per il Drake – che ovviamente era presidente, direttore sportivo, team manager ed addetto stampa insieme – la “soluzione interna” è stata la via privilegiata per individuare l’uomo adatto a ricoprire il più delicato ruolo aziendale, il “capo” della leggendaria S.E.F.A.C. (Società Esercizio Fabbrica Automobili e Corse) e così fu quasi sempre anche dopo la sua scomparsa e l’ingresso nella stanza dei bottoni della Fiat. In questo senso la scelta di Jean Todt che proveniva da esperienza di grande livello in Peugeot ed in Mercedes fu l’eccezione che confermava la regola. Lo stesso Cordero di Montezemolo fu, a suo tempo, una soluzione interna ed apparentemente azzardata. Lo furono Romolo Tavoni, da sempre “uomo di Enzo Ferrari”, Mauro Forghieri, Marco Piccinini e Claudio Lombardi, anche se ebbe meno fortuna. Tutti uomini “dell’azienda”. E lo fu, nel 2008, anche Stefano Domenicali. Giunto giovanissimo a Maranello e partito dall’ufficio amministrazione nel 1991, Domenicali è stato in Ferrari per oltre vent’anni e, questo va detto subito, ha scalato le posizioni dell’organigramma senza raccomandazioni, lavorando duro, consapevole della fortuna che aveva avuto nell’entrare in una azienda come quella e di quali fossero il peso e le responsabilità dei diversi compiti che gli venivano progressivamente affidati. Quando divenne Team Principal la sua fu una vera e propria promozione sul campo, la concretizzazione di una leadership costruita con pazienza all’ombra di grandi esperti del “ramo” come Todt o Ross Brawn. E per questo salutata con favore dai tifosi che rivedevano un italiano al timone di comando della Rossa Nazionale, orgoglio dell’intera Penisola. E’ vero, i risultati sono stati al di sotto delle attese. Ma non credo che questo basti per alzare gli scudi contro Domenicali o individuare in lui tutte le cause dei “mali” di oggi del Cavallino. Anzi, in un tempo dove è diventato un costume nazionale – e non certo solamente a livello sportivo – quello dello scaricabarile e dove la conquista di un posto di prestigio o di potere è spesso trattato come facevano un tempo i feudatari medievali, un uomo che ha il coraggio delle proprie azioni e che lascia assumendosi le responsabilità di risultati oggettivamente deludenti, va certamente elogiato perché compie un gesto di coraggio, addirittura desueto e controcorrente. E ciò vale indipendentemente da quale sia stata la “pressione” di Montezemolo non portarlo a questa decisione. Per questo a Stefano Domenicali occorre portare rispetto e ringraziarlo per quanto ha dato alla causa del Cavallino lungo tutti questi anni.  E’ vero, è nella logica delle cose ed anche nella dura legge dello sport:



risultati sono, ultimamente, il tribunale dell’operato di tutti e lui non poteva certo sottrarsi a questa inderogabile norma. Ed è anche vero che forse la svolta, a questo punto, era inevitabile. Ma sarebbe un gravissimo errore pensare a Domenicali come “il” problema di questa Ferrari che non sa più vincere, non fa pole position da tempi immemori ma, soprattutto, non riesce più a sviluppare macchine e motori vincenti, né ad eccellere in quella organizzazione di squadra grazie alla quali dava lezioni a tutti in passato. Per questo occorreva necessariamente voltare pagina: non per trovare il capro espiatorio, ma perché chi resta ora non ha più alibi dovrà prendersi le proprie  responsabilità, giocarci la faccia di persona come Domenicali ha fatto fino ad ora. Motoristi, telaisti, softwaristi, meccanici, piloti e presidente. Buona Fortuna a Marco Mattiacci, dunque. Chiamato a ricomporre i pezzi di questo puzzle. E’ un “manager di valore”, ha detto Montezemolo. Era Presidente di Ferrari Nord America e non ha esperienze di corse. Un po’ come lui quando lo scelse Enzo Ferrari nel 1974. Allora fu una scelta vincente.

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