“E’ un bel sogno: arrivo dalla vittoria di Londra, che adesso appare lontana dei mesi”. Sono queste le prime parole ufficiali di Andrea Stramaccioni da allenatore dell’Inter. Sono passate da poco le 17 quando Stramaccioni, terminato il primo allenamento (durato un’ora e mezza) si presenta ai microfoni della Pinetina e risponde, per la prima volta, alle domande dei giornalisti. Che incalzano subito: gli viene chiesto come abbia vissuto il passaggio in prima squadra, lui che fino a domenica allenava la Primavera. “E’ un altro mondo, in generale la prima squadra è lontana anni luce da quello che è il calcio giovanile”. Si dimostra calmo, sereno e molto determinato, anche quando gli chiedono se non senta la responsabilità, il peso di essere chiamato in una squadra in crisi, con gli obiettivi falliti. “Non ci penso”, continua a ripetere lui, e sembra sincero quando lo dice, “preferisco pensarla partita per partita: adesso c’è il Genoa, prepariamo il Genoa e poi vediamo quanto avremo fatto”. Magari con l’aiuto dei giovani? “Quello dei giovani è un discorso delicato: sono il nostro patrimonio, spetterà alla società decidere come gestire al meglio questo patrimonio. Ogni calciatore ha il suo percorso e la sua dimensione”. Già, i giovani lui li conosce bene, li ha allenati fino a due giorni fa; ora, sentirà la paura di trovarsi a guidare uno spogliatoio di campioni affermati? “Paura no: non è il termine esatto. Il termine giusto è sogno, questo è un sogno. E io ai ragazzi l’ho detto subito con grande sincerità: per me è un onore allenare dei campioni di caratura mondiale”. E continua su questa falsariga di modestia ma anche di grande fermezza quando gli chiedono quale sarà il suo lavoro per ridare motivazioni a un gruppo che sembra aver smarrito la via: “Faccio un discorso lineare”, dice, “ieri con Moratti penso di essere stato me stesso. Se lui, che ha scritto la storia del calcio mondiale, ha deciso di darmi una possibilità, è per quello che ha visto sul campo in questi sei mesi. Arrivo qui con umilità e sicurezza, e mi spiego: sicurezza per quello che il presidente mi ha chiesto di fare, che è quello che so fare, cioè allenare; il resto lo faranno la società e i grandi professionisti con cui lavorerò”. Professionisti che, rivela, “oggi mi hanno dato tutti del lei, come penso sia giusto: io li rispetto, e pretendo rispetto da loro”. Fermo e deciso, ma anche rispettoso e grato, come quando dice, in risposta a chi gli ricorda che è il terzo allenatore interista ad essere diventato campione d’Europa:
“Non scherziamo. Vittoria straordinaria, ma è della società, di Paolillo, di Moratti”. Inevitabile il paragone con Mourinho, di cui ricorda, dicono, il look e l’atteggiamento: “Sono lontano anni luce da Mourinho, io innanzitutto porto in campo quello che so io, insegnerò quello che so io. Mourinho resterà sempre un mito”. Stramaccioni poi dimostra anche di avere i piedi ben piantati per terra: “Cosa cambio in vista del Genoa? Intanto sono lusingato di essere qui, e penso che io debba solo trasmettere quello che Moratti ha visto in me: l’entusiasmo e la voglia di lottare per la maglia nerazzurra”. E insiste sul verbo ‘trasmettere’: “Dico trasmettere, e non insegnare: io, a questi ragazzi, non devo insegnare niente. Le idee da trasmettere sono le stesse di due giorni fa: andare in campo per essere padroni della partita e fare risultato”. intanto, ha diretto il primo allenamento. “E sono rimasto piacevolmente sorpreso dall’intensità. In un termine: ci credo, ho fiducia”. Ammette di avere preso molto da Spalletti (“ci accomuna il fatto di aver preso 7 gol in Inghilterra…” dice con una battuta. E poi torna sull’Inter: “Non parlo del passato, non lo conosco. Sneijder? E’ un campione, non ha bisogno di ricette, è il simbolo della qualità e della tecnica. Io? Sono sempre me stesso, sono quello della Primavera, sono quello della Roma, non sono cambiato”. Non vuole montarsi la testa, nemmeno quando gli chiedono della possibile conferma a campionato finito: “Non ci penso, ripeto: andiamo avanti partita per partita, pensiamo a giocare contro il Genoa, e poi vedremo”. A proposito: con la Primavera ha dimostrato grande duttilità tattica, sarà così anche in prima squadra? E come colmerà certe lacune individuali? “La Primavera è molto diversa, era poi un gruppo nuovi, Qui è tutto definito, io al di là dei moduli ho solo il compiti di metterli nelle condizioni migliori per potersi esprimere. Le lacune?
Solo oggi conosco i giocatori da dentro, ma penso che la squadra sia stata anche sfortunata ultimamente, e i risultati poi spesso vanno ad incidere sulle singole prestazioni”. A un certo punto arriva anche Balotelli, che bacia e abbraccia Branca e Paolillo. Stramaccioni si alza, saluta, non perde la calma, si siede ed esclama: “E’ una carrambata!” e riprende come se nulla fosse. Si chiude con una domanda secca: “Con 27 punti si va in Champions?”. Risposta secca: “Non faccio tabelle”. Poi, nel salotto esclusivo di Inter Channel, rivela: “Ho visto Inter-Marsiglia in curva Nord, e vedere la gente piangere mi ha toccato. Io mi sento interista, il mio DNA si sta colorando di nerazzurro”. E mentre l’immagine sfuma, abbozza l’inno dell’Inter. Se il buongiorno si vede dal mattino.
(Claudio Franceschini)