Le cadute possono fare male. Quando sono rovinose, hanno sempre degli strascichi. L’Inter che ha preso quattro gol a Firenze ieri sera non può semplicemente dire “Abbiamo perso, rialzamoci”. Bisogna fare delle analisi più approfondite. Per esempio il fatto che da quel giorno in cui i nerazzurri espugnarono lo Juventus Stadium, era il 3 novembre 2012, la squadra in trasferta sta tenendo una media da ultima in classifica: un punto in sette giornate, quello preso all’Olimpico contro una Roma che dava le prime avvisaglie di una crisi che avrebbe portato all’esonero di Zdenek Zeman. Nell’ordine, sull’Inter sono passate Atalanta, Parma, Lazio, Udinese, Siena e per l’appunto Fiorentina; con un bilancio di quattro gol realizzati e quindici subiti. E’ evidente che qualcosa non va, e che non si può semplicemente imputare alla stanchezza che ieri sera Stramaccioni ha tirato in ballo. Già, Stramaccioni: adesso il principale imputato della crisi sembra essere lui. Quella sera di inizio novembre l’Inter si era issata fino a quota 27 punti: uno in meno della Juventus capolista. Da allora i nerazzurri hanno fatto 16 punti in 14 partite, mentre i bianconeri 27. Sono in molti, oggi, a chiedere la testa dell’allenatore; responsabile di far giocare gente non adatta, di essersi presentato al cospetto di una squadra di palleggiatori senza un giocatore di corsa in mezzo al campo (Gargano per esempio), in grado di spezzare la trama di fitti passaggi e cambi di gioco che hanno spezzato in due la squadra. L’analisi tattica non fa una piega, ma forse qualcuno dimentica che non più tardi di un mese fa tutti chiedevano un giocatore di qualità da buttare nella mischia, un elemento che sapesse far girare la squadra, dettare i tempi di gioco in mezzo a una fiumana di incontristi, certo necessari per supportare il tridente di qualità che però lavora poco per gli altri quando la squadra non ha il possesso di palla. Si può dire quello che si vuole, ma Stramaccioni è andato avanti con la sua idea sempre e comunque: lo ha fatto adesso e lo ha fatto quando l’Inter vinceva sette partite consecutive ed era (virtualmente e anche no) in corsa per lo scudetto. Certo, possiamo dire che la cessione di Livaja non ci stava, che piuttosto che comprare Rocchi (che non gioca mai) era meglio richiamare Longo; ma queste sono colpe più che altro imputabili alla dirigenza, perchè per come Stramaccioni si è mosso finora la scelta di Rocchi non sembra corrispondere troppo al suo volere. E chi ha salutato con entusiasmo l’arrivo di Kovacic (che ha tanto talento e molta personalità) non può adesso fare marcia indietro e dire che servirebbe un distruttore di gioco. Insomma: Stramaccioni avrà anche le sue colpe, ma intanto a Firenze hanno sofferto tutti, a cominciare dalla Juventus che al Franchi tirò in porta forse una volta sola. Casomai a far riflettere deve essere quel dato inquietante relativo al bilancio esterno: è come se i nerazzurri si siano svuotati dopo aver vinto in casa dei campioni d’Italia, spezzando la striscia di imbattibilità di Conte. Ecco, se c’è una colpa che si può trovare a Stramaccioni, sempre che il responsabile sia lui, è proprio questa: aver caricato all’inverosimile una squadra che stava giocando bene e producendo risultati, averla protesa tutta verso l’impresa di Torino, come se uscire con i tre punti da lì potesse essere un obiettivo finale. Saranno analisi a bocce ferme e ipotesi, ma è innegabile che la parabola discendente (più che altro una planata verticale) è iniziata lì. Forse i nerazzurri sapevano, in cuor loro, di non essere attrezzati per lo scudetto: hanno visto quella partita come il simbolo di una stagione o anche solo di un periodo felice, e hanno concentrato lì tutte le loro forze. Come una provinciale che aspetta il derby per dare un senso a un’annata altrimenti avara di soddisfazioni, l’Inter ha dato e speso tutto lì; 



Paradossalmente sarebbe forse stato meglio perdere quella partita, anche con tutti i torti subiti dall’arbitro. Chissà, magari la rabbia agonistica sarebbe aumentata invece di scemare, e le partite seguenti sarebbero state affrontate in altro modo. Da qui in avanti possiamo fare tutte le considerazioni tecnico-tattiche del caso, ma davvero con Gargano per Kuzmanovic le cose sarebbero cambiate, ieri sera? Nella striscia esterna negativa l’uruguayano era in campo; c’era il salvatore della patria Cassano e c’era Palacio, che molti tifosi dicono tuttora sia uno dei calciatori più sottovalutati della serie A. Eppure, i gol sono stati appena quattro. D’accordo, la tegola Milito (prima e dopo) ha il suo peso specifico, ma uno come il Trenza lo scorso anno è stato capace di 19 gol con il Genoa, quindi la porta la vede; e se anche non fosse così, un bilancio così negativo non sarebbe comunque spiegabile solo con l’assenza del Principe. Non se fino a una certa sera la squadra ha vinto sette partite su sette, e dalla mattina dopo ne pareggia una giocando lo stesso numero di gare. E allora, Stramaccioni avrà certo le sue colpe, ma forse il problema – come al solito – è stato quello di caricarlo troppo di caratteristiche che non aveva (o non ha ancora), di paragonarlo continuamente a Mourinho addirittura facendolo vincere in qualche chiacchiera da bar. E poi, se i nerazzurri sono ancora lì a giocarsi il terzo posto nonostante questo museo degli orrori lontano da San Siro, forse un po’ di merito ce l’ha anche lui. E’ il solito, vecchio adagio: troppo facile sedersi al tavolo dei vincitori quando le cose vanno bene e poi fuggire senza pagare il conto alle prime difficoltà. 



 

(Claudio Franceschini)

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