Esonerato Mazzarri, ingaggiato Mancini: se la prima era una mossa nell’aria e ormai quasi inevitabile, la seconda suona come un cambio di gioco alla Veron (che gli interisti ricordano bene), una sventagliata per dare una svolta alla stagione e soprattutto al futuro prossimo dell’Inter. Probabilmente Erick Thohir non poteva fare scelta migliore, in occasione del suo primo esonero italiano e nerazzurro: Mancini era il miglior allenatore disponibile, ha il tempo per dare una scossa concreta alla squadra in termini di gioco ma soprattutto classifica; conosce già l’ambiente con le sue esaltazioni e i suoi mugugni, è in ottimi rapporti anche con la famiglia Moratti e questo non guasta mai. Soprattutto è un nome che sa di buone prospettive: al di là delle esagerazioni di San Siro, forse un pò troppo brusco nei confronti di Mazzarri, l’impressione era che il mister livornese non potesse spingere questa Inter oltre un certo limite, per ragioni anche tattiche; il suo 3-5-2 ha sempre ricercato più la compattezza che un gioco imponente o spettacolare, in tal senso si può ancora definire -senza offesa- ‘provinciale‘. Non significa che Mazzarri non è un allenatore da grande squadra, piuttosto che in questa situazione più di così non poteva fare. Quando nel suo libro titolava che ‘Il meglio deve ancora venire’ forse aveva ragione: cambiando adesso e ripartendo da un club meno obbligato a vincere potrà confermarsi un grande allenatore, che non è necessariamente un collezionista di coppe ma anche un lavoratore capace di estrarre tutto il meglio dai suoi giocatori. In questa Inter ciò è successo di rado, in un’altra Reggina, Sampdoria o in un altro Napoli sarà più probabile. Peccato per come è finita, perché Mazzarri non sarà mister simpatia ma non è uno scansafatiche nè un incompetente: forse però è meglio così per tutti. Tornando a Mancini e alle buone prospettive di cui sopra: il tecnico di Jesi torna a San Siro arricchito dalle esperienze (e dai successi) in Inghilterra e Turchia, con Manchester City e Galatasaray. Si è abituato ad un certo lusso e forse farà più fatica a calarsi nell’Inter attuale, che non ha più un Ibrahimovic ma più pasta grezza da plasmare. Però porta innegabilmente un vento più fresco a cominciare dal nome, che ispira una certa grandezza: Thohir lo sa e lo ha scelto anche per questo, per confermare ai tifosi che il suo obiettivo è l’eccellenza, quella che Mancini ha espresso sin da giocatore e in cui l’Inter vuole ricollocarsi. Forse ci vorrà ancora pazienza, si prospetta un cambiamento anche tattico con il probabile ritorno alla difesa a quattro per la gioia di Vidic (meno di Dodò). Però l’idea è condivisibile: il ricordo del Mancio nerazzurro si era ormai raffreddato e l’Inter è troppo diversa, non sarà la cosiddetta minestra riscaldata. Ma una nuova avventura. Che comincia con un derby



(Carlo Necchi)

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