Nuove scottanti rivelazioni dalla biografia di Zlatan Ibrahimovic. Lo svedese non colpisce solo in campo, ma anche in libreria. E a giudicare dalla quantità di retroscena presenti nel suo libro, non sembra difficile ipotizzare un successone editoriale. “Io, Ibra” uscirà in Italia nel prossimo weekend. Le prime anticipazioni su Guardiola, Messi e company hanno già fatto discutere tantissimo. E lo stesso succederà per gli altri temi toccati nell’opera, dal suo arrivo in Italia, alla Juventus, fino a Calciopoli. Ecco come andò il suo sbarco nel Belpaese. Ibrahimovic e il suo fedele procuratore Mino Raiola incontrarono Luciano Moggi in gran segreto a Montecarlo, durante un Gran Premio di Formula Uno. Precisamente in una saletta vip dell’aeroporto; Moggi, elegantissimo, con un grosso sigaro tra le mani, si ritrovò di fronte un Raiola vestito con degli shorts hawaiani e zuppo di sudore per la gran corsa fatta per non arrivare tardi all’appuntamento. “Ma come ti sei conciato?”, gli disse Lucianone, e Raiola di rimando: “Sei qui per dare consigli di stile o per parlare di affari?”. E da lì iniziò la storia di Ibra con la Juve, durata due anni, dal 2004 al 2006, fino allo scoppio di Calciopoli. Un vero terremoto, per tutto il calcio italiano ed anche per la vicenda calcistica dello svedese. Questi, dopo la retrocessione dei bianconeri, decise infatti di trasferirsi all’Inter, rivale storica, cosa che gli procurò a lungo tantissime antipatie. Ibra rilegge così lo scandalo che ha trasformato per sempre la geografia calcistica italiana. “Come sempre, quando qualcuno domina, altri vogliono tirarlo nel fango”, e questo, dice, successe proprio quando stava per arrivare il secondo scudetto consecutivo. I media, a suo avviso, trattavano la faccenda come una guerra mondiale, ma “erano tutte balle. Arbitri che ci favorivano? Ma andiamo! Avevamo lottato duramente, là in campo”. Io, spiega Ibrahimovic, non sono mai stato amico degli arbitri, e così tutti i miei compagni di squadra. “Eravamo semplicemente i migliori e ci dovevano affondare, ecco la verità”. A quel punto la società decise di organizzare una sorta di vertice anti-crisi in palestra. Moggi, all’inizio, pareva quello di sempre.
Ma in realtà, nella bufera, era venuto fuori anche uno scandalo legato al figlio, un caso di infedeltà coniugale. Roba offensiva, che secondo lo svedese non c’entrava nulla col calcio. In quell’occasione Moggi, addirittura, si abbandonò alle lacrime, davanti a tutta la squadra. “Fu come un pugno nello stomaco. Non l’avevo mai visto debole prima”. Lucianone era sempre stato il simbolo del potere, della forza. Mentre adesso era lui a provare compassione per la sua vicenda umana. Il mondo alla rovescia, è la chiosa di Ibra.