JUVENTUS – Ha ancora l’entusiasmo di un ragazzino. Ha vinto praticamente tutto, compresi un Mondiale e un Europeo, ma non è ancora sazio. David Trezeguet ha sempre fame di gol come sta dimostrando con la maglia dell’Hercules Alicante. A settembre è approdato in Spagna dopo 10 anni di Juventus (con 171 gol è il miglior bomber straniero nella storia della Juventus). In questa intervista concessa in esclusiva a ilsussidiario.net, racconta di aver voltato pagina alla ricerca di nuovi stimoli e, soprattutto, di un calcio diverso. Quest’estate, ma anche a gennaio, è stato tentato dalle sirene italiane, ma – per rispetto dei suoi tifosi di un tempo – ha preferito scegliere Alicante. Magari un giorno tornerà in Italia. Per il momento, assecondando anche la famiglia, ha preso la sua decisione. Di certo tornerà, come ricorda nell’intervista, per salutare Torino, gli ex compagni di squadra e Andrea Agnelli; sarà un modo per congedarsi in maniera significativa dal popolo bianconero. Probabilmente non indosserà più la maglia della Vecchia Signora, ma la sua stella brillerà – insieme a quelle dei grandi del club di corso Galileo Ferraris – nel nuovo stadio. In questa chiacchierata Trezeguet parla del Barça e del Real Madrid (anche di Mourinho), i due club più forti in campo internazionale; anche se dovranno fare attenzione alle inglesi e all’Inter. Per quanto riguarda l’Italia la lotta è ancora molto aperta. E poi c’è quel Napoli che poteva essere la sua squadra…



Nato il 15 ottobre del 1977, David Trezeguet per la dedizione e l’impegno che mette sul campo d’allenamento, sembra un giovane desideroso di mettersi ancora in mostra. David, nel calcio ci si può sempre migliorare?

Penso di sì. Dipende da molte cose: dal posto, dalle motivazioni, dalla voglia e dagli obiettivi della squadra. Personalmente avevo voglia di misurarmi in un campionato diverso; volevo continuare a imparare e a cercare di migliorarmi con un gioco diverso. Qui ad Alicante mi sto trovando bene, certo gli obiettivi sono diversi da quelli che ero abituato ad affrontare alla Juventus. Non ci sono altre spiegazioni: volevo conoscere un altro calcio e, soprattutto, volevo vedere se si poteva adattare alle mie caratteristiche. Per il momento sono molto contento di quello che sto facendo.



Alicante è anche una scelta di vita. Ha fatto contenta anche la moglie Beatrice che preferiva temperature più miti rispetto a Torino. Quanto è importante la famiglia nella vita di un calciatore?

E’ la cosa più importante per avere equilibrio. In famiglia ci sono le persone più vicine. La qualità della vita è molto buona. Qui ci sono il sole, il mare (in questo periodo ci sono 15-20°); da questo punto di vista ho fatto un cambio importante, mentre a livello sportivo non si possono fare comparazioni con la Juventus.

Guardando i risultati si può dire che Trezeguet non ha certo perso il vizio del gol con dieci reti nella Liga. L’Hercules era partito bene, ma poi ha inanellato una serie di risultati negativi che sono sfociati anche in quattro sconfitte consecutive… Cosa è successo e quanto le voci societarie possono aver disturbato l’ambiente?



Il nostro obiettivo è la salvezza. Siamo sulla linea giusta se continuiamo così fino alla fine. Io non ho sofferto tutto quello che è successo a livello societario. C’è anche da dire che in una squadra piccola il periodo negativo si sente di più: è vero che abbiamo perso quattro gare consecutive, ma una era in casa con il Barcellona e tre erano fuori casa, tutte contro squadre più forti che lottano per un posto in Champions. Le partite più importanti saranno quelle contro le dirette concorrenti.

Cosa le piace del calcio spagnolo?

Lo stile: è un calcio offensivo e meno tattico. La piccola e la grande squadra provano entrambe a imporre il loro gioco d’attacco. Agli spagnoli piace vincere alla loro maniera. Chiaramente la mentalità è diversa da quella italiana; qui manca la regolarità della tattica che ho sperimentato nel periodo alla Juve.

E’ affascinato dall’idea di provare altre esperienze (Stati Uniti o il ritorno in Argentina)?

Stati Uniti, Dubai… sono aperto a qualsiasi eventualità. Attraverso un periodo della vita nel quale sono interessato dalla possibilità di provare altre esperienze calcistiche. Per il momento, però, non ci penso. Sono concentrato e spero di centrare l’obiettivo di rimanere nella massima serie.

Chi vince la Liga?

Il Barcellona rappresenta il bel calcio. Rispetto all’Italia, la Liga è un discorso a due fra il Barça e il Real; le altre (Siviglia, Valencia, Atletico…) sono a un livello inferiore. Il Barcellona sta seguendo la sua storia con un gioco offensivo e a un livello straordinario.

 

Il Barcellona in campionato ha perso una sola partita proprio contro l’Hercules…

Noi al Camp Nou abbiamo fatto una grandissima partita e abbiamo avuto la fortuna e la possibilità di vincere. La sconfitta contro di noi, forse, è servita anche a loro: se si rilassano, possono perdere contro chiunque. Il Real, invece, ha avuto cambi importanti con l’allenatore e con i giocatori. Adesso ha ripreso fiducia. Giocano entrambe un calcio molto divertente e anche a livello internazionale non hanno rivali.

Se guardiamo alla Champions, chi è la favorita di Trezeguet?

Per quello che ho visto Barça e Real hanno due squadre veramente importanti. Il grosso incubo (anche quando ero in Italia) è rappresentato sempre dai quattro club inglesi che per gioco e per intensità sono difficili da affrontare. Poi c’è l’Inter, che lo scorso anno si è dimostrata la più forte.

In Spagna non sembrano gradire molto le esternazioni di un ex del calcio italiano come Josè Mourinho…

Mourinho faceva questo gioco anche in Italia: preferisce prendersi le responsabilità per lasciar tranquilli i giocatori. In Italia la stampa si divide tra Milano, Torino e Roma, in Spagna tra Madrid e Barcellona. Mourinho è un personaggio che sa come lavorare (gli piace) con la stampa, ma in Spagna non erano abituati alle sue risposte. Poi lui sa che sono i risultati che contano. Quando è andato via dall’Italia era considerato un fenomeno e anche qua, se vincerà, sarà lo stesso. Adesso sta centrando gli obiettivi: è agli ottavi di Champions, lotta per il titolo ed è in finale nella Coppa di Spagna.

Succede anche che un collezionista possa spendere 7000 euro per la maglia indossata da Trezeguet nella finale mondiale del 1998. Purtroppo quella maglia è stata distrutta dai servizi doganali, che lo ritenevano un oggetto contraffatto. Qual è stato in carriera il suo rapporto con i tifosi?

Mi dispiace moltissimo per quello che è capitato con la mia maglia. Peccato. Purtroppo non c’è molto da dire. Sul piano emotivo è un colpo difficile da digerire. Dove sono passato ho instaurato un rapporto importante. Non sono mai stato un personaggio pubblico, ma mi è sempre piaciuto dimostrare il mio valore sul campo. A Torino ho trascorso dieci anni bellissimi. Ho avuto la fortuna/sfortuna di conoscere tutto: i successi, l’amarezza della serie B e la risalita. Purtroppo la carriera è anche fatta di questo. Ho il piacere di avere il record come miglior cannoniere straniero della Juve. A Torino ho vissuto i miei dieci anni più importanti con il grosso dispiacere di non aver più vinto niente dal 2006 in avanti.

Il nome di Trezeguet resterà sempre nei cuori dei tifosi bianconeri, che però avrebbero gradito ben altro epilogo…

Non c’è stato tempo. Ho fatto una scelta, anche perché la Juve non contava più su di me. Poi c’è stata questa possibilità sportiva con una qualità alta della vita. Ho mantenuto, comunque, un grande rapporto con tutti gli ex compagni e con Andrea Agnelli. Quando ci sarà la possibilità, tornerò con grandissimo piacere a Torino a salutare i tifosi, i compagni e tutta la gente con la quale ho lavorato. Prima o poi succederà, quando non lo posso ancora dire. Lo farò.

Dalla Spagna come vede la corsa allo scudetto?

Il campionato è aperto a tutte le squadre, nessuna è superiore. Il Milan in questo periodo vince o pareggia, ma anche le altre fanno lo stesso. Mentre l’Inter non ha preso un vantaggio importante come era successo l’anno scorso.

E poi c’è quel Napoli che è stato molto vicino a David Trezeguet…

Sì, c’era una possibilità. Ero interessato a conoscere una piazza importante con una mentalità diversa e con un progetto serio e affascinante. Ho preferito giocare in Italia solo con la maglia della Juve: ho fatto una scelta di rispetto verso la gente e la società per lasciare un bel ricordo.

Capitolo nazionale. Lo considera un discorso chiuso o, vista la nuova guida tecnica di Blanc, fa ancora un pensiero agli Europei?

Per la nazionale va fatto un discorso più ampio. Blanc ha deciso un ricambio importante, puntando sui giovani. Anche se gli Europei sono vicini, l’obiettivo numero uno sono i Mondiali in Brasile. Gli Europei saranno un esperimento importante e se dovesse servire un po’ di esperienza… Sono disponibile a un ritorno in nazionale. Anche in nazionale, un po’ come alla Juve, non ho potuto salutare i tifosi. Mi piacerebbe dare ancora un mano (ha contribuito alla vittoria nel Mondiale del 1998 e all’Europeo del 2000, nda). Allo stesso tempo sono sereno, perché il discorso di Blanc è stato chiaro e ogni tanto bisogna anche lasciare il posto a gente più giovane. Il calcio dopotutto è come la vita…