Caro Direttore,

Chiedo scusa a tutti. Sono colpevole. Sono uno sporco tifoso gobbo di quelli che, assistendo alle imprese sportive e societarie della Juve della triade, godeva come un riccio. Sono reo di non saper vedere che chi ha costruito quel ciclo era un impostore, un farabutto. Deve essere sicuramente così! Perché per essere radiati dal mondo del calcio, che come vediamo anche in questi giorni non è certo pulito e candido, occorre essere davvero dei mostri. Evidentemente Luciano Moggi e Antonio Giraudo (e con loro anche il dirigente federale Innocenzo Mazzini) sono marci, vanno eliminati, per salvaguardare la credibilità e l’innocenza del pallone. Deve essere così per forza se dopo 5 anni di squalifica, in cui parallelamente si è consumato un processo a Napoli che, indipendentemente dalla sentenza che ne uscirà, ha fatto emergere elementi a dir poco imbarazzanti per l’impianto accusatorio, si è arrivati alla radiazione, cioè alla condanna a morte della giustizia sportiva per Moggi e i suoi amici. Nelle motivazioni della sentenza sportiva del 2006 firmata dal dott. Sandulli vi era scritto che non erano stati riscontrati illeciti sportivi ma la condanna scaturiva da una condotta sconveniente dei dirigenti e riassumeva le esigenze del sentimento popolare.



Se già allora quella sentenza era chiaramente fumosa ed inconsistente, oggi, dopo le centinaia di telefonate emerse grazie ai legali di Moggi e stranamente offuscate da chi ha costruito l’indagine (ed ora siede in consiglio comunale a Napoli), quell’atto appare una crudele barzelletta, di quelle che non fanno nemmeno ridere. Io chiedo scusa ma proprio non capisco perché. Non capisco perché il signor Preziosi (che a me sta pure simpatico), che è stato trovato con una valigetta piena di soldi facendo retrocedere pesantemente il suo Genoa, è stato solamente inibito per un breve periodo e ora continua tranquillamente a fare il dirigente di una squadra di serie A. Non capisco perché il buon Franco Sensi che, in un Natale di qualche anno fa, regalò Rolex d’oro ad alcuni arbitri non fu praticamente toccato dalla giustizia sportiva. E non capisco perché la sua Roma, coinvolta in fidejussioni false e iscritta ai campionati senza soldi e spesso per il rotto della cuffia (e forse per mano di qualche potente), non sia mai stata sfiorata da un procedimento.



 

Non capisco perché il mitico Lele Oriali, che ha procurato documenti falsi per far risultare comunitario Alvaro Recoba, se l’è cavata con un patteggiamento. Ma scusate, ma fare giocare un giocatore che non potrebbe scendere in campo non è alterare una partita? Se poi i miei amici interisti mi diranno che, con quel che ha combinato Recoba in quel periodo, alterava le partite contro gli interessi dell’Inter non so che farci. Non capisco perché Meani, dirigente del Milan con qualifica di “addetto agli arbitri”, organizzava cene con Collina e Galliani (che in quegli anni era presidente di lega). Per carità, una bella cena tra amici non la si nega a nessuno. Ma perché a Lodi in un ristorante chiuso sprangato? Perché Collina al telefono dice: “mi raccomando, io sono facilmente riconoscibile”? A parte che da dietro lui e Galliani si potrebbero tranquillamente scambiare con Bisio e Cevoli, ma poi che aveva da nascondere?



 

Uno che ha arbitrato finali mondiali, che ha preso decisione forti (come nella mitica acqua alta di Perugia del 2000), che è sempre stato al di sopra di ogni sospetto? Non capisco perché la telefonata del presidente Moratti ad un designatore prima di una partita in cui chiede se “il ragazzo” (l’arbitro) è preparato bene non è “rilevante ai fini del processo. Mentre quella di Moggi che chiama un collega dirigente dopo una partita, incavolato nero per una sconfitta maturata anche per colpa di clamorosi errori arbitrali di Paparesta, e sbotta dicendo: “gli ho fatto un mazzo così, l’ho chiuso nello spogliatoio e ho buttato via la chiave!” fa partire l’accusa di sequestro di persona!

Da notare che Paparesta, indicato dall’accusa come l’anello principale del sistema, è uscito da solo e senza dover chiamare fabbri o pompieri dal suo spogliatoio quella sera. Non capisco perché Luciano Moggi era stato designato dalla FIGC come capo delegazione della nazionale ai mondiali tedeschi del 2006 dagli stessi dirigenti di una federazione che ora l’ha radiato, come non capisco cosa ci faceva Guido Rossi tra i coriandoli dello stadio di Berlino a festeggiare una squadra che era figlia naturale del sistema calcio di quegli anni.

 

Non capisco soprattutto perché nel 2006 il Milan si è difeso, la Lazio si è difesa, la Fiorentina si è difesa, mentre la proprietà della Juventus, non solo ha lasciato nel fango i suoi dirigenti, ma ha mandato un avvocato a chiedere la serie B, e tuttora continua a tacere di fronte alle tonnellate di falsità, offese, e ingiustizie che i tifosi continuano a subire da ogni organo di informazione. Insomma chiedo scusa perché se dopo 5 anni, in cui abbiamo visto arbitraggi non certo migliori, scudetti di cartone, piagnistei per scandali veri o presunti, ancora oggi tanti dirigenti del calcio, tanti giornalisti tanti politici, identificano in Luciano Moggi il male assoluto un motivo dovrà pur esserci. Vorrei solo capirlo anche io.

 

(Giovanni Grandi)